Neanche quello che si definisce ceto medio può vivere tranquillo, a Milano. Inevitabile tagliare qualche spesa: la situazione è allarmante
I rincari hanno colpito molti beni di prima necessità e gli italiani devono spendere di più per avere i medesimi beni e servizi. La spesa alimentare, le bollette di casa e i carburanti dell’auto sono solo alcuni dei prodotti il cui prezzo è schizzato alle stelle per via dell’inflazione e della situazione geo-politica mondiale. A Milano, poi, a questi problemi che coinvolgono tutt’Italia si aggiungono quelli relativi ai mutui e agli affitti, anch’essi incredibilmente cresciuti nei costi: ecco qual è la situazione.
A dare una concreta immagine della situazione economica dei milanesi è il dato relativo al risparmio: nel 2019 solo il 19,7% dei cittadini appartenenti al ceto medio risparmiava meno del 5% dello stipendio. A cinque anni di distanza, quella percentuale è cresciuta al 44,3%: ciò significa che molte più persone si trovano a spendere praticamente tutto ciò che guadagnano, senza riuscire a mettere da parte quasi niente. I nuovi “poveri” di Milano, infatti, sono quelli del ceto medio: i risultati dell’indagine “Milano quanto mi costi?” realizzata da BiblioLavoro per Cisl parlano chiaro.
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A realizzare questa indagine è stata BiblioLavoro, il centro studi regionale del sindacato Cisl. Il campione preso in considerazione è quello della classe media, che arriva a guadagnare 50mila euro lordi all’anno. Si tratta di “…una fascia sociale composta da persone con un lavoro a tempo indeterminato e un reddito fisso, che fino a poco tempo fa, almeno a prima della pandemia, era considerata al riparo dal rischio di cadere in povertà” secondo Eros Lanzoni, il segretario Cisl milanese.
Oggi, però, non è più così e i dati parlano chiaro: negli ultimi anni, a Milano e nei suoi dintorni, l’80% dei cittadini ha attinto al proprio conto in banca per affrontare l’aumento del costo della vita e il 40,5% di questo 80% ha dichiarato di averlo fatto spesso.
I ricercatori hanno sottoposto ai 2953 iscritti, di cui il 53% donne, un questionario composto da 20 domande. Quasi l’83% del campione possiede una casa di proprietà e la Ral personale, nella maggior parte dei casi analizzati, va dai 28mila ai 50mila euro all’anno. Il 77,4% del campione si colloca nella fascia d’età tra i 36 e i 65 anni, il 53% è sposato e il 44,8% ha figli a carico. L’80,6% è composto da lavoratori, di cui il 91,9% con un contratto a tempo indeterminato.
I risultati al questionario, però, parlano di un ceto medio in difficoltà. Nonostante il campione rappresenti una parte di popolazione di certo più fortunata di chi non ha una casa e non ha un lavoro, di fatto il 32,3% ha risposto negativamente alla domanda: “Se domani ti capitasse un impegno imprevisto da 1.500 euro saresti in grado di fronteggiarlo in autonomia?“.
Solo il 7,4% degli intervistati ha dichiarato di aver mantenuto le stesse abitudini per quanto riguarda il caro spesa. Il 68,1%, infatti, ha ammesso di non acquistare più ciò che non è strettamente necessario, il 36,1% acquista meno pesce e carne e il 24,1% compra meno cibo in generale. Rinunce importanti vengono fatte anche sulle spese sostenute per il proprio tempo libero: il 59,2% taglia su vacanze e viaggi, su attività sociali e di svago o su occasioni culturali. Da segnalare il dato di chi rinuncia a piscina e palestra per questioni economiche, il 52,2% del campione.
Il caro vita, quindi, colpisce duramente anche chi, fino a qualche anno fa, si poteva considerare esente da questo tipo di problematiche. Le conseguenze, però, possono essere serie anche per quanto riguarda la salute poiché, per fare economia, le famiglie sono costrette a rinunciare allo sport e al cibo sano, spesso visti come troppo costosi rispetto a ciò che è considerato reale necessità di base della famiglia.