La protesta dei ristoranti milanesi: aperti nonostante i divieti

La protesta degli esercenti, in questo caso si tratta di bar, ristoranti e bistrot, ha portato una ventina di esercizi milanesi compresi tra le zone del Centro, Sempione, Garibaldi, Venezia, Monforte, Vittoria e Porta Genova ad aderire all’iniziativa #IOAPRO1501.

Così, con modalità diverse che includevano o meno la presenza di clientela, questi esercizi hanno riaperto le porte nonostante per la Lombardia siano tornate le limitazioni della zona rossa.
Di conseguenza, però, in tutti gli esercizi coinvolti si sono susseguiti i controlli delle forze dell’ordine ai quali sono seguite le identificazioni di gestori e avventori e poi le sanzioni previste dalla normativa anti covid.

In alcuni casi le persone identificate hanno lasciato subito il locale che poi ha chiuso. In altri, i gestori si sono limitati a riaprire le saracinesche e accendere le luci all’interno e all’esterno dei locali come a dimostrare che il locale c’è ancora e prova a “resistere” nonostante l’altalena dei divieti.

In un caso poi, in un ristorante messicano in zona Sempione oltre alla cena è stato offerto anche uno spettacolo danzante. Le foto della serata sono, come spesso capita, finite sui social e questo ha provocato un’ondata di reazioni contrariate da parte degli avventori abituali.
Il locale ha poi tentato una giustificazione adducendo come motivo della protesta la reazione alle nuove restrizioni.

La protesta di aprire i locali nonostante i divieti, a dire il vero, era nata su iniziativa di un ristoratore sardo ma si è presto diffusa in molte città italiane, tra cui appunto Milano.
Tuttavia si tratta di una decisione che può avere ripercussioni pesanti in termini di sanzioni pecuniarie, per la conseguente segnalazione alla Prefettura, così come in termini di sanzioni accessorie come la chiusura provvisoria dell’attività includendo anche l’asporto e il delivery.
Nei casi di reiterata violazione, inoltre, la normativa vigente prevede il raddoppio della sanzione pecuniaria e la chiusura fino a un massimo di 30 giorni dell’attività.

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