Salvini e il processo per gli insulti ricevuti via social

Il leader della Lega Matteo Salvini era in aula per testimoniare nel processo che lo contrappone al giovane antagonista Valerio Ferrandi, figlio dell’ex esponente di Prima Linea Mario.

I fatti risalgono al 2016, all’indomani della ricorrenza del 25 Aprile quando Salvini fece un commento criticando la politica italiana che celebra la libertà ma è succube, a suo modi di vedere, dell’Unione Europea.

Ne seguì l’immancabile polemica politica unita a centinaia di commenti sui social tra i quali quello di Ferrandi che scriveva: “Salvini, in nome della bellezza e dell’intelligenza. Fai un gesto nobile. Sparati in bocca. Ps: prima o poi verrai appeso a un lampione, ne sei consapevole?”.

Da questo post erano nati la querela da parte dell’ex ministro dell’interno e la richiesta di un risarcimento di 20mila euro. Il giudice, nel corso di un dibattimento precedente, aveva già tentato una conciliazione tra i due ma non era andata a buon fine.

All’udienza di oggi Salvini ha ribadito: “Se ci sono minacce fisiche a me o alla mia famiglia non transigo. Se uno poi chiede scusa o dà qualcosa in beneficenza va bene, ma se non ci sono le scuse vado avanti”.

La controparte ha replicato: ” Nessuna minaccia reale. L’identità antifascista che assumo e che difendo è patrimonio comune. Sono nipote di un partigiano antifascista e persone che fanno riferimento continuo all’atteggiamento del fascismo io penso che dovrebbero tacere in giornate come quelle lì. Il mio commento fu un moto di sdegno nei confronti di un atteggiamento che comunque velatamente promulga quel tipo di atteggiamento».
La prossima udienza del processo è stata fissata per l’11 dicembre.

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