La Corte d’Assise di Milano ha riconosciuto le attenuanti generiche a Rosa Fabbiano, accusata di aver ucciso la madre 84enne: ecco i motivi
In primo grado è stata condannata a 26 anni ma in appello la pena è stata ridotta: oggi Rosa Fabbiano è condannata a 20 anni di reclusione. L’accusa è pesante ed è di omicidio volontario e occultamento di cadavere e la vittima è sua madre, l’84enne Lucia Cipriano. Ecco i motivi della riduzione di pena.
Secondo l’accusa, Fabbiano avrebbe strangolato la madre 84enne probabilmente nel tentativo di farla smettere di gridare e successivamente, come disse il pm durante la requisitoria, avrebbe avuto la “malsana idea” di tagliare in più pezzi il cadavere e nasconderlo nella vasca da bagno dell’anziana, che si trova a Melzo. Dopo la condanna a 26 anni, però, oggi il ridimensionamento a 20 anni: ecco le motivazioni.
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La scoperta del cadavere
Dopo aver tolto la vita alla madre 84enne, Rosa Fabbiano avrebbe fatto a pezzi il corpo dell’anziana e l’avrebbe nascosto nella vasca da bagno dell’appartamento della donna, dove sarebbe rimasto per circa due mesi. A far scattare l’allarme la sorella di Rosa Fabbiano che, residente a Trento, si era insospettita dell’assenza anche solo telefonica della madre. Nonostante Rosa Fabbiano le avesse detto di averla inserita in una Rsa, la sorella non si è fidata e da Trento è scesa a Melzo, trovando Rosa Fabbiano nell’appartamento della mamma.
Una volta che la sorella residente a Trento le ha chiesto di poter usare il bagno, però, Rosa Fabbiano è crollata, chiedendo di essere accompagnata dai Carabinieri. Da quel momento, però, la donna ha messo in atto un assoluto silenzio.
La difesa e l’accusa
A difendere Rosa Fabbiano c’è l’avvocato Roberta Ligotti, che sostiene che non vi siano prove dell’omicidio e che quindi ipotizza che l’occultamento del cadavere possa essere avvenuto dopo la morte naturale dell’anziana. Secondo l’avvocato, Fabbiano si sente in colpa poiché è l’unica che si occupava della madre, accusando quindi le altre sorelle di scarsa collaborazione. “Rispetto alle altre sorelle, l’imputata si è fatta carico di una cosa difficilissima, perché la cura degli anziani in quelle situazioni è atroce. Deve essersi trovata molto sola“.
Dopo la condanna a 28 anni chiesta dal pm e la conferma dei 26 anni di reclusione in primo grado, in appello la pena è stata ridimensionata a 20 anni: i giudici, infatti, hanno riconosciuto la prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti.