Si va verso uno sciopero dei commercialisti?

I commercialisti italiani, che avevano chiesto al Governo di prorogare le scadenze fiscali del 20 luglio scorso, sono tornati a chiedere un altro rinvio per quelle previste a settembre e nei mesi successivi.
A preoccupare i professionisti e a spingerli a chiedere uno slittamento almeno alla fine del mese ci sono ora gli adempimenti previsti per il 16 settembre.
Se questa richiesta non sarà accolta, sono pronti a forme di dissenso più incisive fino allo sciopero che prenderebbe la forma del mancato invio telematico all’Amministrazione finanziaria dei dichiarativi sull’Iva.
Questa la linea delle associazioni sindacali riunite nelle sigle Adc, Aidc, Anc, Andoc, Fiddoc, Sic, Unagraco, Ungdcec, e Unico oltre che del Consiglio nazionale dei professionisti.
I motivi del malcontento sono stati spiegati sia nel corso di un’audizione in Senato sia attraverso comunicati stampa delle diverse sigle sindacali.
La categoria ha tenuto a sottolineare che la richiesta di proroga non è un “capriccio”. È, piuttosto, vista come un atto dovuto nei confronti di liberi professionisti e imprese.
Il fermo di molte attività dovuto all’epidemia, ha infatti provocato una generalizzata crisi della liquidità disponibile. In alcuni casi, spiegano i commercialisti, le aziende si troveranno a dover scegliere tra la salvaguardia dei posti di lavoro e gli obblighi finanziari verso lo Stato.
A questo si aggiunge il numero degli adempimenti fiscali, che solo nel mese di luglio sono stati 260.
Un carico di lavoro importante per i professionisti complicato anche dal disbrigo dei provvedimenti imposti in materia di covid dalle modalità di lavoro a distanza che spesso hanno ulteriormente rallentato l’attività.
I professionisti hanno chiesto, in buona sostanza, di essere ascoltati dal Governo e di essere coinvolti quando si discute di provvedimenti che toccano la fiscalità.

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