Roberto Saviano interviene ai microfoni di Radio Deejay per parlare del suo ultimo libro e di criminalità organizzata.
Roberto Saviano scrive “Noi due ci apparteniamo”. Un’indagine giornalistica sotto forma di romanzo che indaga sulle forme d’amore e i rapporti intimi all’interno della criminalità organizzata. Il libro vende bene, ma la promozione prosegue ugualmente fra radio e televisione. Il celebre scrittore raccoglie testimonianze e documenti importanti a sostegno delle sue tesi: mafia non significa soltanto Sicilia, così come camorra non è soltanto Napoli.
C’è tanto crimine anche al nord. Lo scrittore annota e sviluppa proprio questo aspetto e affronta anche i numerosi problemi da cui è attanagliata la città di Milano. I ripetuti tentativi di aggressione che gente più o meno comune subisce sono frutto di un aumento della miseria. Saviano lo spiega senza mezzi termini a Radio Deejay nel corso della trasmissione “Say Waad”.
Saviano e la criminalità a Milano
Ci sono molti aspetti che sfuggono ai più e lo scrittore mette in fila ogni situazione: “Milano prima non era così. C’era la ricchezza e la povertà, ma con la consapevolezza di una prospettiva. Prima, intorno agli anni ’80-90, andavi a lavorare al cantiere sapendo che dopo un anno di duro lavoro potevi comprarti casa”.
“Si guadagnavano cifre accettabili. Oggi non è più così. Oggi vince, tra virgolette, il crimine perchè regna la miseria. I furti, le aggressioni sono sistematiche. Chi ti ruba il telefono o la borsetta non lo fa per rivenderli. Dal ricettatore con quelle cose non ricavi nulla. Il telefono vale tot e quel poco lo reinvestono in coca e hashish”. C’è quindi tutto un giro d’affari illeciti che Saviano spiega, entro cui però c’è spazio anche per i sentimenti. Anche i criminali hanno un cuore, verrebbe da dire, ma la questione è molto più complessa.
La povertà come catapulta
Così come è complessa Milano e Saviano ha scardinato soltanto un tassello delle tante ripercussioni che potrebbero verificarsi se non si aumenta il controllo territoriale, ma soprattutto se non si acquisisce consapevolezza delle nuove dinamiche criminali. La fame e la povertà, oggi, sono un trampolino di lancio maggiore rispetto al passato perchè i rischi sul lavoro – anche rispetto alle morti – sono aumentati. Sempre meno tutele a fronte di scadenze maggiorate.
La strada del crimine sembra più accessibile, in realtà è solo maggiormente oscura. Districarsi nel buio non è mai facile: per questo inghiotte e poi rigetta, al pari dei migliori mostri che si celano nell’oscurità. Le cui storie devono essere un monito, piuttosto che un esempio da emulare. Il fascino del male, persino a livello editoriale, fa i conti con una realtà disarmante e sempre meno risorse. La divulgazione può essere un antidoto, ma c’è bisogno di tutto il resto.
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A partire da una maggiore coscienza collettiva seguita dalla volontà di sovvertire determinati meccanismi ormai atavici. Granitici al pari di un pregiudizio difficile da scardinare. Soltanto con la pluralità e il rispetto condiviso sarà possibile andare oltre. Almeno provarci.
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