Il sottosegretario Molteni lo conferma e a chi lo accusa di non fare il suo dovere risponde a tono: arriva un secondo Cpr a Milano
Al primo contestatissimo Centro di permanenza per i rimpatri di via Corelli se ne aggiungerà un secondo le recenti dichiarazioni di Nicola Molteni, sottosegretario leghista al Ministero dell’Interno. L’ha rivelato proprio lui nel corso della risposta alle parole di Beppe Sala, che ha accusato il governo di non fare ciò che dovrebbe per quanto riguarda i rimpatri.
Quando mercoledì sera, alla stazione di Milano Lambrate, un migrante precedentemente colpito da un ordine di espulsione ha accoltellato un agente di polizia, la questione dei rimpatri si è accesa più che mai. Il questore di Avellino aveva emesso l’ordine di espulsione dal paese nel 2023 e il motivo era la mancanza di posti nei Cpr ma l’uomo non aveva risposto, rimanendo quindi sul suolo nazionale. Molteni, però, a chi accusa il governo di non fare abbastanza risponde a tono: di Cpr ne arriverà un altro.
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“Al di là della polemica che ha sollevato in maniera strumentale, il sindaco Sala ha finalmente compreso un punto fondamentale: la necessità di procedere con i rimpatri degli immigrati irregolari pericolosi” ha detto Molteni. Proseguendo, poi, ha annunciato che con Piantedosi sta ragionando in merito alla realizzazione di un secondo Cpr sempre nella città di Milano.
L’obiettivo è quello di crearne uno di dimensioni tali da consentire di eseguire i rimpatri necessari, quindi quelli di migranti irregolari problematici e potenzialmente pericolosi. “Se Sala vuole rafforzare la sicurezza della città, con fatti concreti e non solo a parole, collabori con noi per la realizzazione della struttura” ha infine concluso. Nel frattempo, però, il Cpr di via Corelli, l’unico ad oggi esistente, è chiuso e tale rimarrà per qualche mese per lavori sulla capienza e sulle condizioni di chi ci vive.
Nel frattempo si sono concluse le indagini sul caso del Cpr di via corelli. L’anno scorso era stato commissariato e sequestrato poiché erano emerse drammatiche condizioni di vita per gli immigrati che vi risiedevano, tra cui l’uso costante di psicofarmaci, bagni e letti fatiscenti e cibo pieno di vermi.
Il Nucleo di polizia economico-finanziaria ha quindi comprovato questi fatti e per i due amministratori della società che lo gestiva, Consiglia Caruso e Alessandro Florenza, si va verso la richiesta di rinvio a giudizio.