La durata degli anticorpi contro il covid in uno studio del San Raffaele

Uno studio condotto al San Raffaele ha dimostrato che gli anticorpi che si formano contro il covid persistono all’interno dell’organismo fino a otto settimane dalla diagnosi della malattia.

I risultati sono già stati pubblicati sulla rivista Nature Communications e hanno visto la collaborazione tra dipartimenti e competenze diverse: dall’Unità di Evoluzione e Trasmissione Virale dell’Irccs diretta da Gabriella Scarlatti ai ricercatori del San Raffaele Diabetes Research Institute diretto da Lorenzo Piemonti

che hanno messo a disposizione le tecniche usate per lo studio degli anticorpi in risposta al diabete di tipo 1 fino al Centro per la Salute Globale e del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), coordinati da Andrea Cara e Donatella Negri che hanno portato le loro competenze e conoscenze nello studio dei vaccini contro l’HIV.

Da queste sinergie è stato esso a punto un nuovo test che valuta gli anticorpi contro il covid.
La sperimentazione ha quindi riguardato il monitoraggio, da aprile a novembre 2020, di 162 pazienti positivi al covid, 134 dei quali ricoverati al San Raffaele. Il 67% erano di sesso maschile mentre l’età media era di 63 anni; il 57% soffriva di una patologia cronica che ha visto al primo posto l’ipertensione seguita dal diabete.
Lo studio ha esaminato anche la riattivazione degli anticorpi che normalmente si sviluppano contro il comune raffreddore per valutare se fossero di ostacolo alla formazione di quelli per il covid.

I risultati hanno quindi fatto emergere che:
– il 79% dei pazienti ha prodotto con successo gli anticorpi entro le prime due settimane dall’inizio dei sintomi. Laddove questo non è successo la malattia ha assunto contorni di maggiore gravità, indipendentemente dall’età e dallo stato di salute;
– dopo otto mesi gli anticorpi erano ancora presenti nella maggior parte dei soggetti esaminati fatta eccezione per tre che non ne mostravano più traccia;
– la presenza di anticorpi per l’influenza comune, riattivati dal nuovo virus, non impedisce la produzione di una risposta immunitaria specifica al covid.

“Quanto abbiamo scoperto ha delle implicazioni sia nella gestione clinica della malattia nel singolo paziente, sia nel contenimento della pandemia – ha commentato Gabriella Scarlatti – . Secondo i nostri risultati, infatti, i pazienti incapaci di produrre anticorpi neutralizzanti entro la prima settimana dall’infezione andrebbero identificati e trattati precocemente, in quanto ad alto rischio di sviluppare forme gravi di malattia”.

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