Alla scoperta delle case ‘Igloo’ a Milano: un viaggio fra storia e curiosità

Nel dopoguerra, Milano avviò la ricostruzioni con case dalla forma peculiare, che resistono ancora oggi nel quartiere della Maggiolina.

La Seconda guerra mondiale portò la devastazione in moltissime delle nostre città: Roma, Genova, Torino, Napoli, Messina e Milano. Il capoluogo lombardo, in particolare, registrò più di 2.000 vittime tra i civili, con stragi nei quartieri di Gorla e Precotto.

La storia delle case-igloo a Milano
Nel dopoguerra, Milano si innovò anche nell’edilizia © Cameraphoto Epoche (milano.cityrumors.it)

Con la fine del conflitto, messo da parte il dolore, ricominciò la ricostruzione. Nuovi edifici per nuove persone, che avevano tanta voglia di una nuova vita. Resti di questa ricostruzione persistono ancora oggi nel pittoresco quartiere di Maggiolina, in via Lepanto, che ospita edifici davvero peculiari.

Gli edifici a forma di igloo a Milano: ecco la storia

Era il 1946, la guerra era passata. Stremati, ma con tanta voglia di ricominciare a vivere, i milanesi si diedero alla ricostruzione della loro città, con risultati sorprendenti.

La storia delle case-igloo a Milano
8 delle 12 case igloo originali esistono ancora oggi e sono abitate © Wikipedia/Doraz77 (milano.cityrumors.it)

Siamo nel quartiere di Maggiolina, circoscrizione del municipio 2, Villaggio dei Giornalisti. L’ingegnere Mario Cavallè decise di costruire, lungo la ferrovia Milano-Monza, una serie di case dalla forma bombata, simili a degli igloo. Il progetto ne prevedeva 12, sebbene oggi ne siano rimaste 8. Ogni dimora misurava 45 metri quadrati e aveva due livelli, uno abitabile al piano terra e l’altro nel seminterrato, da utilizzare come ripostiglio e dispensa. Anche se sottoterra, questo piano era illuminato da dei lucernari ad altezza strada, che gli conferiscono della luce naturale.

Ma perché proprio la forma di igloo? Cavallè, che aveva preso ispirazione dagli edifici circolari americani, voleva conferire massima libertà negli spazi interni, pur in una costruzione di cemento così ristretta. Ideò pertanto un sistema a volta di mattoni forati disposti a losanghe convergenti, dando la possibilità di ottenere stanze indipendenti dalla struttura portante dello stesso igloo. Così, si ricavava un’entrata, un salotto, una cucina e due camere da letto – tutto ciò che poteva occorrere a una famiglia.

Il risultato era un modello mono-abitativo, compatto ma ingegnoso, che ancora oggi stupisce per l’aspetto. Le case igloo sono abitate, e sono visibili passando per via Lepanto. Testimoniano ancora il desiderio di innovazione e originalità del loro architetto, nonché lo spirito estroso della stessa città di Milano, che voleva proiettarsi nel futuro.

Simili per struttura sono le case-fungo, che tuttavia furono abbattute negli anni Sessanta dal nipote di Cavallè. Si trattava di due dimore che ricreavano l’amanita muscaria, quel fungo che tutti conosciamo, con la cappella rossa a punti bianchi. Il piano più ristretto era contenuto nel gambo, mentre quello più largo era nella cappella.

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