La conduttrice di recente ha rivissuto quei momenti tragici, dall’aggressione alla corsa in ospedale per ricevere le cure dei medici
Quel che è certo è che Simona Ventura non dimenticherà mai l’estate del 2018, quando il figlio Niccolò, avuto dalla relazione con l’ex calciatore Stefano Bettarini, fu aggredito fuori da un locale di Milano, la discoteca Old Fashion. L’ha definita a più riprese la “telefonata che nessuna mamma vorrebbe mai ricevere”, la conduttrice ancora oggi si emoziona a parlarne.
Il ragazzo all’epoca aveva solamente diciannove anni, da allora è cresciuto “con la testa sulle spalle”. Per anni ha giocato a calcio in Inghilterra, vivendo a Londra, e della televisione non si è mai interessato poi tanto – un’unica apparizione ne Il Collegio Off. “È passato di tutto e ho passato di tutto. Anche grandi sofferenze ma il dolore di dà coscienza. E la grinta rimane immutata”, ha ammesso la 58enne intervenendo al Festival della tv di Dogliani.
“L’aggressione a Niccolò per me è stata una svolta, sono felice che si sia salvato dopo 11 coltellate, ringrazio ogni giorno per quello che ho”, è Simona Ventura a parlare, invitata qualche mese fa al Festival della tv di Dogliani ha avuto modo di rievocare uno dei periodi più bui della sua esistenza. È però proprio da quel momento tragico che ha tratto un insegnamento positivo.
Alla fine è riuscita a trasformare il dramma in opportunità: “Quel momento è stato veramente la sliding door della mia vita. Da lì è cambiato tutto, ho reagito, mi sono allontanata da persone sbagliate per me, ho lavorato in un’altra maniera, ho creato le condizioni per incontrare Giovanni”, ha ammesso sottolineando come tutto quello che le è successo sia “nel segno del bene”.
Il figlio a luglio del 2018 si trovava fuori dall’Old Fashion, una discoteca di Milano, quando un gruppo di ragazzi stava litigando con un maggiore della Guardia di Finanza. Le due ‘fazioni’ si erano scontrate già un mese prima, si affrontarono nuovamente.
Il maggiore sarebbe stato minacciato con un coltellino militare, lo stesso che avrebbe ferito per undici volte l’allora diciannovenne.