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Citazioni letterarie e tradizione canora lombarda nel nuovo disco di Luca Maciacchini “Imparare dal tacchino”

Non sono soltanto le storie d’amore a ispirare le canzoni. A volte la musa di un cantautore può essere qualcosa di inatteso e spiazzante. È il caso del nuovo album del cantautore varesino Luca Maciacchini, che si è ispirato a un tacchino per scrivere e musicare una raccolta di brani inediti dedicati a temi di attualità (dalla politica al calcio, dalla violenza sui minori alle mode vegane) in cui satira, ironia e originalità sono indiscusse protagoniste.

Il titolo del disco nasce da una citazione letteraria tratta dal saggio Il cigno nero del filosofo e matematico libano-statunitense Nassim Taleb, in cui lo studioso di economia e finanza affronta il tema della sfiducia nelle statistiche, ricorrendo a un’efficace metafora zoologica: il tacchino si fida ciecamente del suo allevatore che lo nutre amorevolmente, ignorando il destino gastronomico a cui è avviato.

«Dobbiamo imparare dal tacchino a non fidarci troppo: delle consuetudini ma anche delle persone, dei sondaggi, delle nuove mode», spiega il cantautore, che nei suoi brani ci mette in guardia in modo a volte esplicito, altre volte sottinteso, ma mai noioso o scontato: humor, critica e disincanto offrono infatti all’ascoltatore un punto di vista originale sulle contraddizioni del mondo contemporaneo.

Ex chitarrista di Nanni Svampa (il fondatore del mitico gruppo I Gufi, ndr) e attore di teatro cresciuto alla scuola di Paolo Grassi, Maciacchini è l’erede del cabaret musicale della tradizione milanese e lombarda nato nelle osterie e poi diventato fenomeno di successo con i monologhi e le canzoni senza tempo di Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Walter Valdi e molti altri. Una tradizione che Maciacchini da molti anni si impegna a tenere viva con concerti e spettacoli di teatro-canzone specialmente in Lombardia ma anche nel resto d’Italia.

Alcuni brani del nuovo album – uno anche in dialetto lombardo – sono infatti un omaggio a questi grandi artisti della satira e della comicità, che il cantautore varesino considera i suoi maestri insieme a Eugenio Montale, a cui è dedicata l’insolita copertina del disco caratterizzata da un richiamo parodistico a Ossi di Seppia: il cantautore, fotografato di profilo come il Premio Nobel assorto nella contemplazione di un’upupa, guarda negli occhi un tacchino nella speranza di apprendere utili lezioni di vita dall’inconsapevole volatile.