Il corriere dei narcos portava i soldi della droga direttamene in un negozio di Chinatown a Milano a bordo del suo taxi. Fermato dalla Guardia di Finanza, l’uomo ha confessato: “L’ho fatto per un amico d’infanzia”
Smantellato traffico di droga a Milano. Secondo le indagini seguite dalla Guardia di Finanza i soldi della droga viaggiavano in taxi. Il corriere dei narcos, un tassista di 31 anni, già noto alle forze dell’ordine per riciclaggio, spostava i proventi del traffico illecito della sostanza stupefacente a bordo del suo mezzo.
Centinaia di migliaia di euro destinate a un negozio di Chinatown, con successivo trasferimento del denaro in Spagna. Il 31enne tassista nell’ottobre del 2023 è stato messo già ai domiciliari. L’operazione delle fiamme gialle di Milano rientra nell’inchiesta più ampia partita nel 2022 che coinvolse in totale 58 persone e portò in carcere anche l’ex procuratore capo dell’Associazione arbitri Rosario D’Onofrio.
Il corriere dei narcos
A portare alla luce il vero “lavoro” del tassista trafficante, ovvero lo spostamento dei soldi della droga in taxi, è una sentenza della Cassazione, che aveva respinto il ricorso presentato dall’avvocato del 31enne contro la misura cautelare dei domiciliari disposta dal gip Massimo Baraldo, poi diminuita con il solo obbligo di firma presso la polizia giudiziaria.
Secondo quanto ricostruito e confermato poi dall’indagine dei Carabinieri del Gico, il tassista M.T. avrebbe “effettuato in più occasioni il trasporto e la consegna di ingenti somme di denaro, tra il marzo e il luglio 2021, presso l’hawaladar cinese “Luca Pelletteria”, destinate a essere trasferite in Spagna con il sistema hawala”.
Il sistema hawala è un metodo di trasferimento valori, usato molto soprattutto in Nordafrica, che poggia su una rete di mediatori e su un passaggio di contanti che non prevede il contatto fisico. Il legale del 31enne indagato ha contestato, come prima cosa, la mancata riqualificazione giuridica del reato da riciclaggio a favoreggiamento reale.
Il legale del tassista
Secondo l’avvocato, il suo assistito avrebbe, come riporta stamani anche il Giorno: “agito nell’esclusivo interesse del suo amico di infanzia R.” e di non essere mai stato a conoscenza del fatto che quelle somme di denaro fossero provento dell’attività svolta dall’associazione dedita al narcotraffico e che poi dovessero essere trasferite in Spagna”.
Il legale continua dicendo che: “Il 31enne T. si è limitato a consegnare il sacchetto con il denaro a un soggetto cinese e ad attendere che questi provvedesse al conteggio”. I giudici di Milano hanno respinto tale tesi sostenendo, invece, che il reato di riciclaggio si fosse perfezionato nel momento in cui l’indagato ha consegnato i contanti all’hawaladar, partecipando attivamente al sistema di “ripulitura del denaro sporco”.
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I 3 motivi di colpevolezza della Suprema Corte
In ultimo, i giudici della Suprema Corte hanno così condiviso le conclusioni del Tribunale di Milano non solo sul reato di riciclaggio del 31enne ma anche sul fatto che l’indagato fosse “senz’altro consapevole della provenienza illecita del denaro quando effettuava le consegne”. E questo per ben 3 motivi:
- “T. portava centinaia di migliaia di euro in una busta in un negozio cinese di articoli in pelle e li consegnava a un soggetto che non gli rilasciava alcuna ricevuta”.
- “Per ogni consegna, egli riceveva un elevato compenso (inizialmente 250 euro e in un secondo momento 500 euro)”.
- “L’indagato usava molte cautele ed era ben attento a non lasciare alcuna traccia delle operazioni. Conseguentemente l’ordinanza ha ritenuto elevato il pericolo di recidiva dell’indagato”.