Il traffico e lo spaccio di cocaina avveniva tra le piste da sci della Valtellina. Usati come pusher e corrieri anche donne (mogli degli indagati) con neonati e bambini al seguito. In manette 12 persone tra Livigno, Torino e Rimini
A capo del traffico di droga la mafia albanese che, tra Livigno, Torino e Rimini spacciava la cocaina tra le piste da sci. Nell’operazione della Polizia di Stato di Sondrio sono state eseguite 12 misure cautelari. Di queste 6 persone sono finite in carcere, 5 agli arresti domiciliari e un’altra con l’obbligo di dimora.
Gli indagati sono tutti implicati in una rete di distribuzione della sostanza stupefacente in Valtellina. La banda di criminali operava utilizzando anche donne con figli neonati a seguito per vendere la droga. Il punto di collegamento con i trafficanti era un latitante ricercato per omicidio e legato al clan mafioso di Scutari (in Albania). Il gruppo di narcotrafficanti erano invogliati dalle prospettive economiche offerte dalla zona sciistica di Livigno, provincia di Sondrio.
L’indagine
Come spiegato gli agenti della Squadra Mobile di Sondrio che hanno seguito il gruppo criminale durante l’operazione denominata “Apre’s-ski” nell’ambito di un’indagine diretta dalla Procura della Repubblica di Sondrio, i vertici della banda si vantavano pubblicamente sui social media, condividendo anche foto che mostravano armi d’assalto e denaro contante proveniente dalle attività di spaccio di droga.
La complessa indagine delle forze dell’ordine di Sondrio iniziata nell’aprile dello scorso anno ha permesso di delineare il modus operandi del gruppo di narcotrafficanti che era attivo tra Livigno, Torino e Bruxelles. Nella giornata di oggi, giovedì 14 marzo 2024, saranno resi noti i dettagli dell’intera operazione in una conferenza stampa convocata in questura a Sondrio dal dirigente della Squadra Mobile, Niccolò Battisti.
12 misure cautelari
L’attività d’indagine iniziata nell’aprile del 2023 si è conclusa oggi con l’esecuzione di 12 misure cautelari: 6 in carcere, 5 ai domiciliari ed un obbligo di dimora nei confronti di soggetti di nazionalità albanese, italiana e dominicana, tutti ritenuti responsabili di aver trasportato e venduto a Livigno notevoli quantità di cocaina destinata ai consumatori locali e ai numerosi turisti richiamati dalle note attrazioni sciistiche.
Il traffico di cocaina
Per eludere i controlli e passare inosservati, la droga, al telefono veniva chiamata “bresaola” e veniva spacciata in macchina in zone appartate del territorio di Livigno. Come corrieri e pusher anche le moglie degli arrestati. Di queste, una è stata sottoposta alla misura degli arresti domiciliari.
I membri delle famiglie mafiose albanesi di Livigno, così come i pusher locali e stranieri loro complici risultavano insospettabili poiché ben inseriti nel tessuto socio-economico di Livigno e della Svizzera con posizioni professionali di rilievo e apparentemente rispettose. E proprio a causa di queste apparenti condizioni di legalità, l’attività della Polizia si è rivelata lunga. Diversi i servizi di osservazione e pedinamento insieme a numerose intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche prima di arrivare ai criminali.
LEGGI ANCHE: >>> 18enne violentata all’uscita di una discoteca a Milano: lasciata su una panchina sotto shock. Arrestato 23enne
LEGGI ANCHE: >>> Morte Jordan Jeffrey Baby, il papà del trapper: “Non si è suicidato”
Il latitante 26enne
Il latitante albanese di 26 anni era colui che organizzava e gestiva il rifornimento della cocaina grazie alla rete di relazioni con la mafia albanese. Così è riuscito, anche durante la sua latitanza, ad attivare canali di rifornimento di cocaina, ramificati in Italia e in Europa. Dalle indagini è emerso infatti che la droga ordinata proveniva dalla zona della Brianza, da Torino e da Bruxelles. I viaggi fino a Livigno avvenivano dunque sempre sotto il costante controllo dei mafiosi albanesi.
Una volta che la cocaina arrivava in Valtellina, questa veniva ritirata da un uomo albanese di 40 anni, che aveva il compito di trasportare la sostanza fino a Livigno, paese dove il soggetto aveva la residenza. Successivamente cedeva agli spacciatori di riferimento le dosi da smerciare sulle piste da sci.