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Cronaca

Toni Cavallero, strangolato in carcere dal compagno di cella: cosa c’è dietro l’assassinio

Un litigio banale per il telecomando avrebbe portato Domenico Massari a strangolare il compagno di cella Antonio Magrini detto “Toni Cavallero”. La Cassazione a ottobre scorso aveva respinto un suo ricorso. Cosa si cela dietro il delitto

Antonio Magrini, alias “Toni Cavallero”, il 31 marzo scorso aveva compiuto 68 anni nel carcere di Opera dove è rinchiuso dallo scorso 23 ottobre per traffico di droga. A distanza di neanche un mese dal compleanno l’uomo è stato assassinato dal compagno di cella Domenico Massari prima con un colpo alla testa e poi strangolato a mani nude. Secondo quanto riferito dal killer, Barese di origini come la vittima, il delitto sarebbe arrivato al culmine di una lite scaturita tra i due per il telecomando.

Ucciso dal compagno di cella per una banale lite, chi è Toni cavallero? (milano.cityrumors.it)

Magrini, a detta di Massari, venerdì scorso avrebbe cambiato canale televisivo senza chiedere il suo permesso. Questa banale presa di posizione avrebbe fatto scattare l’ira funesta nell’altro detenuto al punto tale da uccidere il 68enne. Ma nella morte di Cavallero qualcosa non torna e, certamente, la “scusa” del telecomando non regge come unica motivazione all’omicidio.

Il banale litigio e la morte di Cavallero

L’assassino di Toni Cavallero, Domenico Massari, di 10 anni più giovane è stato condannato nel 2019 all’ergastolo per l’omicidio della ex moglie Deborah Ballesio. Venerdì scorso, nel carcere di Opera dove sta scontando la sua pena detentiva, ha ucciso tramite strangolamento il suo compagno di cella Antonio Magrini.

Ucciso dal compagno di cella per una banale lite, chi è Toni cavallero? (milano.cityrumors.it)

Per la vittima, barese di nascita come il suo killer, non c’è stato nulla da fare quando gli agenti penitenziari si sono presentati davanti la sua cella per soccorrerlo, il 68enne era già morto. Secondo una prima versione dei fatti rilasciata dall’assassino agli investigatori, a scatenare la violenza di Massari sarebbe stata una lite davanti alla televisione: Cavallero avrebbe cambiato il canale della tv senza il consenso dell’altro.

Chi era Antonio Magrini

Il 23 ottobre del 2023 Antonio Magrini, detto Toni Cavallero, si era presentato spontaneamente nell’istituto penitenziario Opera di Milano per scontare una condanna per traffico di cocaina sulla rotta Serbia-Lombardia. Il caso era legato al maxi blitz delle forze dell’ordine che nel giugno del 2018 portò in carcere 12 trafficanti di armi. Nella stessa indagine era finito in manette insieme a Magrini anche il latitante Jakov Kontic, boss di un grande giro di spaccio di droga destinata al mercato milanese.

Ucciso dal compagno di cella per una banale lite, chi è Toni cavallero? (milano.cityrumors.it)

I due, suocero e genero – Kontic aveva avuto un bimbo con la figlia di Magrini, nel 2006 erano già stati indagati per un traffico di droga con il clan Japigia di Bari al capo del quale c’era il presunto boss Savinuccio Parisi. Toni Cavallero contestando la sentenza della Corte d’Appello presentò ricorso in Cassazione ma il ricorso fu giudicato “inammissibile” lo scorso ottobre 2023 e dopo qualche giorno il 68enne si presentò di sua spontanea volontà presso la casa circondariale di Opera.

Nella sentenza, come riporta stamani anche il Giorno, i giudici scrivono nero su bianco che “Magrini si era recato in Serbia il 18 giugno 2016 per definire le modalità organizzative per la fornitura di stupefacenti. In quel caso aveva svolto un ruolo di collegamento tra il fornitore e le attività svolte in Italia”. Infine, “in una conversazione (Magrini ndr) racconta di avere ricevuto dai serbi un cellulare Blackberry da utilizzare nei contatti con Kontic, lamentandosi del fatto che questi, contro il suo parere, intendeva coinvolgere la propria compagna nell’attività illecita”. In quel caso aveva discusso anche “del recupero di 11 chili di cocaina”.

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La sentenza

La sentenza impugnata dalla Cassazione, che si rifaceva alla sentenza in primo grado della Corte d’Appello, indicava che “fosse proprio il Magrini a curare i rapporti con i fornitori balcanici, a impartire ordini e direttive organizzative per il ritiro delle forniture ai propri collaboratori, a fornire loro il denaro per l’acquisto della droga e a supervisionare la destinazione della sostanza alla rete di distribuzione”.

Ma per Antonio Magrini i problemi con la giustizia erano iniziati già da molto prima, quando alla fine degli anni ’90 partecipò a diversi agguati contro un clan rivale per il controllo dello spaccio in due diverse zone di Milano: Baggio e San Siro. Infine, nel ’98 Cavallero fu coinvolto in un’inchiesta sull’omicidio di un commerciante ambulante di frutta e verdura ucciso a colpi di stampella.