Accusata di concorso esterno in associazione mafiosa, Suor Anna Donelli si è difesa in tribunale. Tra le accuse, il presunto ruolo di mediatrice per la ‘ndrangheta nel Bresciano
Respinge ogni accusa suor Anna Donelli, la religiosa al centro di una clamorosa indagine che ha scosso profondamente l’opinione pubblica.
La religiosa, di 57 anni, è stata messa agli arresti domiciliari con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
Coinvolta nella maxi-inchiesta sulle infiltrazioni della ’ndrangheta nel bresciano, suor Anna è comparsa ieri mattina davanti al giudice per le indagini preliminari per un interrogatorio di garanzia che ha sollevato ulteriori interrogativi sul suo presunto ruolo.
Nonostante le accuse, la suora ha deciso di difendere con fermezza la sua posizione, negando ogni coinvolgimento e definendo infondate le intercettazioni utilizzate come prova contro di lei. Il caso solleva questioni di grande rilevanza sociale e morale, considerando la delicata posizione della religiosa all’interno della comunità cattolica.
Ieri mattina suor Anna Donelli è arrivata presso il tribunale di Brescia accompagnata dal suo avvocato, Robert Ranieli. Giubbotto nero e cappuccio sul volto, ha cercato di evitare i flash dei fotografi che l’attendevano all’ingresso. L’interrogatorio era fissato proprio nel giorno dedicato a Santa Lucia, un richiamo simbolico che non è passato inosservato.
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La religiosa è apparsa inizialmente serena al suo arrivo a palazzo di giustizia, ma l’uscita dal tribunale si è rivelata più movimentata. Dopo oltre due ore e mezza di interrogatorio, durante le quali ha per altro negato ogni accusa, suor Anna avrebbe reagito alle pressioni mediatiche spingendo via due cronisti e facendo cadere una macchina fotografica con un gesto brusco.
Gli inquirenti attribuiscono a suor Anna un ruolo di mediatrice tra i membri della ’ndrangheta detenuti all’interno del carcere di Brescia e quelli operanti all’esterno. Secondo l’accusa, la suora avrebbe sfruttato la sua posizione di assistente spirituale per veicolare messaggi tra i membri dell’organizzazione criminale.
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Un ruolo che gli investigatori definiscono cruciale, così come emerge dalle intercettazioni. Stefano e Francesco Tripodi, presunti esponenti di vertice del clan, avrebbero più volte menzionato suor Anna Donelli come una figura di riferimento all’interno del loro sodalizio. In un’intercettazione, i Tripodi arrivano a definirla “dei nostri”, lasciando intendere un legame di fiducia e collaborazione. Inoltre, Suor Anna sarebbe stata presente in diversi incontri con i membri del clan presso gli uffici di Flero, nel Bresciano.
Durante l’interrogatorio di garanzia, suor Anna ha respinto ogni accusa, sostenendo di essere stata coinvolta solo a causa di millanterie da parte dei Tripodi. Il suo avvocato, Robert Ranieli ha accettato di parlare con i cronisti all’uscita dell’interrogatorio spiegando la posizione della sua assistita: “Suor Anna ha negato radicalmente tutto, fornendo spiegazioni chiare, soprattutto sulle intercettazioni. Non è lei a parlare, ma i Tripodi a vantarsi di rapporti inesistenti”.
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La religiosa ha spiegato di aver conosciuto Francesco Tripodi durante il periodo in cui era cappellana presso il carcere di San Vittore a Milano. Successivamente, lo avrebbe incontrato nuovamente a Flero, dove si trovava per questioni legate a una comunità religiosa. Quanto ai presunti messaggi veicolati, Suor Anna ha ribadito che si trattava esclusivamente di comunicazioni di natura caritatevole.
Il giudice per le indagini preliminari si è preso una settimana di tempo per decidere se revocare gli arresti domiciliari, come richiesto dalla difesa. Nel frattempo, suor Anna rimane confinata presso la sua abitazione ai domiciliari, in attesa di ulteriori sviluppi. Il caso continua a suscitare grande attenzione mediatica e pone interrogativi sulla linea di confine tra il ruolo di assistenza spirituale e un presunto coinvolgimento in attività criminali.