I fatti risalgono al marzo scorso, ma le condanne arrivano adesso. 3 anni e 7 mesi per un giovane. La vicenda, tuttavia, non è ancora chiusa.
Prime condanne per quanto riguarda lo stupro di gruppo avvenuto nel marzo scorso ai danni di una manager di 32 anni in zona Navigli a Milano. A quasi un anno dalla violenza, il caso comincia ad avere i riscontri sperati dalla donna e dai suoi legali. Il Gup Sara Fioretta condanna a tre anni e sette mesi uno dei giovani coinvolti, tutti fra i 23 e i 27 anni di età.
3 persone al centro della violenza, di cui due proprietari del bar dove sarebbe avvenuto il contatto prima e lo stupro poi. Nella fattispecie la donna avrebbe trascorso la serata con un collega – condizionale che resta non per sollevare dubbi sulla veridicità dei fatti, ma perchè le ricostruzioni sono generiche al fine di tutelare la privacy degli interessati – bevendo più del dovuto.
Quest’ultimo poi avrebbe lasciato la struttura consentendo agli altri tre di attuare il “piano”. Nella cantina del locale si sarebbe, infatti, consumato il misfatto. Anche se il collega non viene ritenuto parte integrante della violenza. La scelleratezza, con rilevanza penale, riguarda solo gli altri tre. Uno già condannato, gli altri due invece sono rinviati a giudizio.
Sempre con la stessa accusa: violenza sessuale di gruppo. C’è poi un altro fattore che sottoscrive un ulteriore abuso. La donna è stata violentata, poi è stato girato e diffuso il video della macabra impresa. La stessa 32enne confessa alle autorità di essersi svegliata quella mattina con dolori forti allo stomaco senza ricordare nulla.
A quel punto è scattata la visita al centro antiviolenza Mangiagalli con relativa denuncia. L’epilogo di un’epopea durata fin troppo secondo la sua concezione: una serata spensierata – come ne ha vissute tante la donna – si trasforma in un incubo senza riferimenti in pochi istanti.
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Quasi un anno per rimettere insieme i pezzi del puzzle a cui manca la soluzione finale. La sorte degli altri due artefici della violenza che ora aspettano di capire cosa succederà: il rinvio a giudizio c’è stato, ma ancora non è finita. È proprio questa consapevolezza che rende la posizione degli altri due giovani ancor più complicata.