Strage di Paderno Dugnano, fantasmi e un male invisibile nella mente del killer 17enne

Cosa è passato nelle mente del 17enne di Paderno Dugnano quando ha massacrato la sua famiglia? La storia di Riccardo C. spaventa e pone delle domande: “E se dovesse capitare a noi?” 

Descritto da tutti come un ragazzo tranquillo, bravo a scuola e sportivo. Dopo la strage di sabato scorso, ora è difficile credere alla convinzione che chi lo conosceva si era fatto di lui. Eppure il 17enne ha ucciso a coltellate in soli 2 minuti l’intera famiglia: il papà Fabio, la  mamma Daniela e il fratellino di 12 anni Lorenzo.

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Strage di Paderno Dugnano, nella mente di Riccardo “un male invisibile” – Milano.cityrumors.it

L’autore del triplice omicidio di Paderno Dugnano, ha un “male invisibile” che, molto probabilmente, nessuno ha mai capito e che forse lui stesso ha saputo celare bene. Ma questo ci porta a fare i conti con la domanda più difficile: e se dovesse succedere a noi? Dopo la tragedia e lo shock iniziale, ora c’e chi “accusa” i genitori di Riccardo di non “essere stati troppo presenti” e dall’altra parte c’è lo psicologo Matteo Lancini che, al Corriere della Sera spiega che il nodo centrale nella confessione del 17enne è un’altro.

Nella mente di Riccardo

Il 17enne agli investigatori in fase di interrogatorio, dopo aver confessato il triplice delitto, ha detto: “Mi sento solo anche in mezzo agli altri”. Questa, secondo lo psicoterapeuta Matteo Lancini: “È una frase forte, che rappresenta una condizione che riguarda tanti giovani perché dietro la solitudine degli adolescenti si cela un dolore, che può essere enorme”. Tale dolore nasce dal disagio che i giovani spesso “non hanno la possibilità di esprimere liberamente, senza paura di essere giudicati o repressi, le proprie emozioni”.

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Strage di Paderno Dugnano, nella mente di Riccardo “un male invisibile” – Milano.cityrumors.it

Poi, lo psicologo prosegue, come riporta anche Open: “Soprattutto quelle che riguardano le loro fragilità come esseri umani: dolore, rabbia, tristezza. Inconsapevolmente impediamo ai ragazzi di “mettere in parola” ciò che provano e preferiamo ricercare la causa del loro malessere in qualcosa di esterno, come per esempio i social network, lo smartphone, la pandemia”.

Da parte loro, gli adulti devono finirla di chiedere solo “come va” e magari soffermarsi nella comunicazione, approfondire, ascoltare. Lancini continua: “L’educazione affettiva, sessuale, l’ascolto in famiglia dev’essere qualcosa di sentito, che permetta ai giovani di esprimere i propri sentimenti, anche quelli più disturbanti. Smettiamo di porci verso i ragazzi solo con l’idea di educare (“ti dico io cos’è giusto e cosa no”) e privare (“ti tolgo lo smartphone…”). Ascoltare i ragazzi non significa però dar loro sempre ragione».

Quei figli sconosciuti

Nell’intervista al Corriere, Matteo Lancini parla dei figli spiegando che “sono altro da noi. Vanno accettati e pensati come individui da conoscere e rispettare…I ragazzi oggi non parlano, o parlano poco, perché non si sentono liberi di esprimersi. E così il dolore, muto, giorno dopo giorno si trasforma e, durante l’adolescenza, diventa un’azione. Si può trasformare in una violenza che sfocia in gesti autolesivi o, come in questo caso, in una strage distruttiva. Il dolore mentale aumenta se non c’è possibilità di condividerlo”.

E’ molto complicato, per lo psicologo, individuare nei figli i segni premonitori: “Lavorando ogni giorno con il dolore dei ragazzi, manifestato nelle sue forme più estreme, posso dire che con il passare del tempo anche per il ragazzo di Paderno verranno fuori delle abitudini o dei comportamenti che ci daranno la falsa convinzione di avere capito tutto. In realtà l’unica cosa che conta sapere è che solo se il disagio riesce a diventare parola, solo quando un figlio si sente pensato e viene legittimato il suo pensiero viene fatta educazione”.

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I fantasmi inespressi del 17enne di Paderno Dugnano

Il luminare della psichiatria italiana, Luigi Cancrini, a Repubblica ha invece detto riferendosi a Riccardo: “Chissà quali fantasmi aveva dentro quel ragazzo, pur mostrandosi perfettamente integrato e inserito, a scuola, nello sport, nella vita sociale”. Secondo lo psichiatra quello del 17enne è stato “un gesto psicotico, figlio di una sofferenza psichica con la quale conviveva chissà da quanto tempo. Non significa affatto che sia innocente, se una persona malata nuoce agli altri deve essere fermata. Questo ragazzino sconterà la sua pena, ma spero che venga anche curato”.

Sono ragazzi con vite, all’apparenza, normali ma che nascondono dei disturbi assoluti: “Si costruiscono una corazza che nasconde il loro disturbo: sono nello stesso tempo lucidissimi e malati. Del resto il ragazzo lo diceva: sono estraneo a questo mondo”. Infine, sui genitori di Riccardo, Cancrini esprime il suo parere medico non dando la colpa a loro: “Nessuno ha colpa, il parricidio esiste da sempre, in psichiatria è ben noto. A mio parere Riccardo si portava dentro una ferita antica, risalente magari ai primi anni di vita. La psicosi si forma anche in questo modo. Uccidendo i familiari ha ucciso i propri fantasmi. È tremendo, ma è così. E mentre li pugnalava era assolutamente convinto di fare la cosa giusta”. 

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