Sharon Verzeni potrebbe non essere la prima: l’ipotesi del serial killer bergamasco mai individuato

In bergamasca si fa strada un’ipotesi che potrebbe far paura. A proporla la mamma di Daniela Roveri, sgozzata nel 2016

Il nome di Sharon Verzeni è ormai purtroppo famoso in tutt’Italia. Undici giorni fa, infatti, la 33enne è morta a causa di quattro coltellate che qualcuno le ha inferto mentre passeggiava per le strade del suo paese, verso mezzanotte. Al momento le indagini sono ancora in corso e le strade sono tutte aperte: gli investigatori vogliono dare un nome e un volto all’assassino che ha strappato la vita alla giovane di Terno d’Isola.

Una pista nel caso di Sharon Verzeni
Una pista nel caso di Sharon Verzeni: l’ipotesi del serial killer (milano.cityrumors.it / ansafoto)

Da tre anni viveva con il fidanzato Sergio Ruocco, che al momento dell’omicidio stava dormendo nel letto che condivideva con Sharon. Non era insolito che la Verzeni uscisse per fare due passi anche a quella tarda ora della sera, soprattutto dato il caldo del periodo: da quella passeggiata, però, Sharon non rientrerà mai poiché in via Castegnate, nel centro del paese, qualcuno le ha teso un agguato e l’ha accoltellata. A distanza di una decina di giorni, mentre gli investigatori raccolgono tutte le testimonianze e visionano i filmati delle telecamere di sicurezza, si fa largo un’ipotesi: potrebbe esserci un serial killer.

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L’ipotesi del serial killer

Mentre i genitori di Sharon Verzeni, insieme al compagno della donna, attendono che gli inquirenti facciano il loro lavoro e identifichino il responsabile dell’omicidio di loro figlia, sempre nella bergamasca c’è anche un’altra famiglia che piange per una tragedia simile. Si tratta di Silva Arvati, madre di Daniela Roveri, una manager uccisa senza che il suo assassino sia mai stato identificato. La donna, che ha quasi 81 anni, sta seguendo con attenzione il caso di Sharon Verzeni ed è impossibile per lei non empatizzare con i genitori della 33enne, dei quali capisce perfettamente il dolore.

Una pista nel caso di Sharon Verzeni
Una pista nel caso di Sharon Verzeni: l’ipotesi del serial killer (milano.cityrumors.it / ansafoto)

A suo dire, i due omicidi hanno delle dinamiche molto simili: entrambe le donne, infatti, erano delle persone per bene, che non avevano fatto mai del male a nessuno e che sono state uccise con delle coltellate da qualcuno che le ha aggredite alla schiena. L’omicidio di Daniela, però, è avvenuto sette anni fa e, al momento, non c’è neanche un’ipotesi su chi potrebbe averlo commesso.

L’omicidio di Daniela Roveri

Erano da poco passate le 21 del 20 dicembre 2016 quando Daniela Roveri veniva colpita con un solo fendente, profondo, infertole alla gola da qualcuno che l’aveva aggredita alle spalle e immobilizzata. La tragedia è avvenuta nell’androne del palazzo dove la manager viveva con la madre in via Keplero a Colognola, Bergamo. Aveva 48 anni al momento della morte e aveva un posto di lavoro prestigioso: ricopriva infatti il ruolo di dirigente nella Incra Italia di San Paolo d’Argon, un’azienda che lavora con la ceramica.

Del suo omicidio non si sa nient’altro. Nessuna telecamera ha ripreso niente, nessun testimone ha visto qualcosa e il corpo della donna ha portato solo a molte ipotesi, nessuna delle quali ha consentito uno sviluppo serio delle indagini. Nel 2019, quindi, il pm di Bergamo Fabrizio Gaverini ha chiesto e ottenuto l’archiviazione.

L’ipotesi del collegamento

L’enigma di Colognola sembra collegarsi a un altro, accaduto sempre in provincia di Bergamo: si tratta dell’omicidio di Gianna Del Gaudio, insegnante di Lettere in pensione uccisa nella sua villetta di Seriate tra il 26 e il 27 agosto del 2016, con un taglio alla gola. L’aplotipo Y che indica la linea maschile ritrovato sul guanto di lattice rinvenuto in una busta della spesa con l’arma del delitto dell’insegnante, infatti, è lo stesso di quello dell’impronta di Dna trovata sulla guancia di Daniela Roveri.

Si fa strada, quindi, l’ipotesi di un serial killer bergamasco che sgozza le sue vittime, soprattutto donne: al momento, però, le tracce biologiche sono solo “blandamente compatibili”.

 

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