Marzia Corini, sorella di Marco, iniettò al fratello una dose letale di Midazolam nel 2015. Dalla morte dell’uomo l’anestesista fu prima condannata poi assolta. Ora è di nuovo a processo
Era il 25 settembre del 2015 quando Marco Corini, malato terminale di cancro, morì dopo che la sorella Marzia 59enne – medico anestesista – gli iniettò una dose letale di Midazolam. Dopo il decesso del fratello la donna è stata prima condannata, poi assolta in Appello ma ora è di nuovo al centro della vicenda nel processo di Appello bis.
Il processo è iniziato a Milano dopo che la Cassazione, l’anno scorso, aveva annullato con rinvio l’assoluzione per l’imputata Marzia Corini decisa dalla Corte d’Appello di Genova nel maggio del 2022. La procuratrice generale di Milano, Francesca Nanni, oggi ha chiesto una condanna a 14 anni e 2 mesi per l’anestesista.
Marco Corini, avvocato dei vip, morì nella sua casa di Ameglia in provincia di La Spezia, in Liguria, il 25 settembre del 2015 dopo un’iniezione di una dose letale di sedativo. L’uomo era un malato terminale di cancro e la sorella Marzia, medico anestesista, avrebbe iniettato la dose di Midazolam per diversi motivi.
Secondo la pg Francesca Nanni, i moventi della 59enne erano più di uno: da quello “economico” legato all’eredità ma anche per un motivo più “personale e familiare”. Sempre secondo la pg, come riporta il Giorno: “La sua confessione, è arrivata in una telefonata intercettata nella quale Marzia Corini diceva il 21 gennaio 2016: “Gli ho fatto un regalo, ho interrotto la sua vita in un momento in cui non era consapevole di avere la morte vicino”.
Alla luce di tali elementi la procuratrice generale ha dunque chiesto “solo” 14 anni e 2 mesi di condanna per la donna sostenendo che non si possono riconoscere i “motivi socialmente utili” per il suo comportamento, ma le attenuanti generiche per quel “rapporto personale e familiare” e prevalenti sulle aggravanti. Il medico ha sempre dichiarato che non voleva uccidere il fratello, ma alleviare le sue sofferenze. Col verdetto della Cassazione nel 2022 era stata assolta definitivamente Giuliana Feliciani, collega di studio di Corini.
L’avvocato Marco Corini, morì lo stesso giorno in cui aveva programmato un incontro in casa sua con il notaio per delineare le sue ultime volontà patrimoniali nel testamento. Una casualità che il suo decesso avvenne lo stesso giorno? La sorella Marzia si è sempre dichiarata innocente ammettendo solo di voler alleviare le pene del fratello, malato terminale. Per la pg Nanni l’ultimo oncologo che ha visitato l’uomo aveva parlato di “tre-quattro settimane di vita ancora”. Ma l’unico medico presente al capezzale dell’uomo fu proprio la sorella anestesista.
la Corte d’Appello di Genova aveva considerato la telefonata che fece l’imputata non come una confessione ma solo come uno “sfogo”. Ma la pg Nanni spiega che “nessun elemento, ci dice che quel giorno c’è stato un episodio acuto, come un attacco cardiaco”. Poi la procuratrice ha evidenziato“il dato della quota ereditaria della sorella, di un milione di euro più la metà di un box”.
Quindi il movente economico sicuramente è presente però, avanza ancora la pg: “C’era anche altro, ossia la storia di una donna a lungo allontanata dalla famiglia, che poi riprende contatti con il fratello quando sta male e alla fine agisce in quel modo. Così dopo quel gesto, lei (Marzia Corini ndr) si è sentita di nuovo pienamente accettata in quella famiglia dalla quale era stata esclusa”. E questo spiegherebbe anche il movente familiare personale.
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Secondo il legale di Marzia Corini, l’avvocato Vittorio Manes, come riporta sempre il Giorno: “I numerosi elementi tecnici ci dicono che fu una morte per cause naturali e che lei seguì esattamente il protocollo delle cure palliative. Chiedo per tanto l’assoluzione perché il fatto non sussiste”.
Inoltre, il legale della donna ha spiegato che “quella iniezione venne eseguita la mattina e la morte avvenne la sera e tutti i testi dicono che Corini è morto dopo 30, 40 minuti di respiro affannoso, ossia il cosiddetto ‘gasping’“. Le parole intercettate dell’imputata, secondo il legale, “Non contano, contano le prove”.
Infine, la difesa conclude dicendo: “Non si può nemmeno dire che quella iniezione ha determinato colposamente la morte di Marco Corini. Lui era affidato alle cure palliative e lei ha seguito esattamente il protocollo. Fu il fratello a chiedere alla sorella di non farlo soffrire con quelle cure”.