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Cronaca

Milano, c’è un sospettato per l’incendio di via Cantoni in cui sono morti tre ragazzi cinesi. La pista degli investigatori

Spuntano una richiesta di soldi e una minaccia, quindi si cerca un misterioso estorsore: conosceva la via del negozio e quella della casa privata

Nella sera del 12 settembre, uno showroom di mobili in via Ermenegildo Cantoni in zona Certosa a Milano ha preso fuoco e i tre ragazzi che c’erano all’interno non hanno avuto scampo alle fiamme, che gli hanno tolto la vita. Immediato l’avvio delle indagini, che hanno provato che tutti e tre hanno disperatamente provato a scampare alla morte, senza riuscirci: oggi, però, c’è una pista.

C’è un sospettato per l’incendio di via Cantoni: la strada dell’estorsione (milano.cityurmors.it / ansafoto)

La Procura e i Carabinieri del Nucleo investigativo, infatti, hanno iniziato a percorrere la pista dell’estorsione. Qualche ora prima dell’incendio, il padre del titolare si era recato dai militari della stazione Duomo per denunciare una tentata estorsione ai danni della sua famiglia e proprio a partire da questo dettaglio oggi si sta costruendo un’indagine: ecco cosa si sa.

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La denuncia del padre

Qualche ora prima del rogo, il padre del 49enne L.Y. si era recato dai Carabinieri per denunciare che, nella notte tra mercoledì e giovedì, sarebbe stato avvicinato da uno sconosciuto descritto come nordafricano che, puntandogli addosso un coltello, gli avrebbe chiesto 20mila euro. Un raid identico avrebbe poi coinvolto la moglie di L.Y. che, a due passi dalla sede dello showroom, sarebbe stata avvicinata da un uomo che gli avrebbe chiesto la medesima cifra, nell’identico modo della sera prima.

C’è un sospettato per l’incendio di via Cantoni: la strada dell’estorsione (milano.cityurmors.it / ansafoto)

Chi sta indagando sull’incendio, che è costato la vita a Liu Yinjie, Dong Yindan e Pan An di 17, 18 e 24 anni, sta quindi percorrendo questa strada. Pare, infatti, che il presunto estorsore conoscesse bene dove fossero sia lo showroom che la casa privata della famiglia. Inoltre, il padre del titolare ha aggiunto che, quando fermato la sera prima dell’incendio, l’estorsore gli avrebbe mostrato l’app di Google Translate con la richiesta di 20mila euro tradotta anche in cinese mandarino.

Il punto dell’indagine

Al momento, l’inchiesta è coordinata dal procuratore capo Marcello Viola. Fin dalle prime ore dopo l’incendio, gli specialisti del Nucleo investigativo con il colonnello Antonio Coppola e il tenente colonnello Fabio Rufino si sono concentrati sui filmati delle telecamere, presenti sia in via Cantoni e dintorni che nei pressi dell’abitazione dei coniugi. Sotto attenzione degli inquirenti, però, anche i conti correnti e i tabulati telefonici.

Nel frattempo, in giornata verrà disposta l’autopsia sui tre cadaveri: l’unica certezza è che tutti abbiano provato, invano, a fuggire. Uno avrebbe addirittura chiamato un parente per chiedere aiuto, senza però avere il tempo di riceverlo.

Non sapeva chi c’era nello showroom

Secondo chi indaga, la persona che avrebbe dato fuoco allo showroom non sapeva che all’interno ci fossero i tre ragazzi. I filmati delle telecamere, infatti, mostrano come fino a venti minuti prima dello scoppio dell’incendio fuori dalla struttura siano passate diverse persone, poi più nessuno. Si ipotizza quindi un innesco ritardato, che quindi avvalorerebbe l’ipotesi di un piano studiato nei dettagli. La strada, quindi, è quella economica dei debiti, del racket o dell’usura.