“Fai schifo vorrei accidere tua madre”, “Mettiti il ciuccio e non rompere”. Episodi di violenza verbale e fisica venuti a galla durante i controlli dei carabinieri del Nas in quello che è stato ribattezzato “l’asilo dell’horror” di Vanzago. Tre educatrici e la titolare arrestate
Le educatrici dell’asilo nido di Vanzago, provincia di Milano, sono accusate di maltrattamenti nei confronti di ben 35 bambini. Le accuse scaturiscono dai controlli effettuati lo scorso 19 febbraio dai carabinieri del Nas, che evidenziano tra gli altri episodi la “spregiudicatezza e lo scarso rispetto delle istituzioni e delle leggi” da parte delle maestre.
Per evitare che il rapporto malsano delle educatrici con i bimbi venisse scoperto, la titolare dell’asilo nido avrebbe nascosto 6 bambini spostandoli in un’altra sede. Qui, in alcuni momenti i piccoli venivano anche lasciati “al buio e con le saracinesche abbassate”. E l’unica persona a sorvegliarli era la figlia minorenne della 45enne titolare.
In una delle intercettazioni dei Nas una delle collaboratrici dell’asilo nido dell’horror affermava al telefono: “Ci sono i Nas e sono una in meno”. “Buona, pensa te che c’è la figlia da sola con sei bambini”, rispondeva l’altra educatrice ora indagata. Queste sono solo una minima parte di quanto emerso dalla mole di intercettazioni che, con le microcamere nascoste nella struttura hanno permesso di documentare i maltrattamenti ai bimbi ma anche di come eludere le norme e i finti laboratori e foto postate sui social per “tranquillizzare” i genitori che tutto andava bene.
La preoccupazione delle educatrici era quella che i genitori potessero ritirare i figli dall’asilo facendo venir meno le ingenti rette mensili per la struttura privata. In un’altra intercettazione la titolare 45enne diceva: “Se alle madri viene detto che piangono si sentono in colpa, di conseguenza poi va a finire che li ritirano, glieli danno ai nonni e prendono la baby sitter a casa”.
L’attività investigativa portata avanti dal Nucleo investigativo dei carabinieri e coordinata dalla pm Maria Cardellicchio e dalla procuratrice aggiunta Letizia Mannella, ha portato agli arresti domiciliari la titolare, Barbara Rizza, e due educatrici con l’accusa di maltrattamenti aggravati.
Mentre altre due collaboratrici sono indagate a piede libero. L’asilo in questione era stato già oggetto di simili indagini da parte dei carabinieri di Legnano nel gennaio dello scorso anno, a seguito delle quali, la stessa titolare e altre 5 educatrici erano state sottoposte alla misura cautelare dell’obbligo di firma con il divieto di esercizio della professione per un anno, dunque fino a gennaio 2024.
Tale misura, secondo le accuse, non ha comunque impedito alle donne di maltrattare 35 bambini, di età compresa tra i 6 mesi e i 3 anni. Ora la nuova inchiesta che ha portato all’ordinanza di custodia cautelare disposta dal gip Guido Fanales, parte dalla segnalazione di un’ex educatrice e di un’altra ragazza che si era presentata nella struttura per un colloquio di lavoro.
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La ex collaboratrice del nido e la ragazza hanno raccontato agli investigatori di aver visto, in un caso, un bambino chiuso nello sgabuzzino perché piangeva e un altro bimbo di circa 6-7 mesi “posto in un passeggino con la cinghia di sicurezza allacciata, rinchiuso all’interno di un bagno privo di finestre e al buio”. Secondo le accuse le piccole vittime venivano svegliati dai “riposini”: “versando sul viso liquido del biberon”.
Poi c’era anche chi veniva chiuso in bagno al buio o in uno sgabuzzino senza finestre o ancora costretto in un seggiolone legato solo perché il loro pianto “disturba gli altri”. Molti bambini venivano malmenati: strattonati, presi per le orecchie o i capelli. Ad un bambino in attesa di essere cambiato l’educatrice rivolgeva lui insulti come: “Lo sai che fai proprio schifo”, “non ti sopporto, si stava meglio senza di te”. Oppure: “Metti il tuo stupido ciuccio in bocca e non rompere (…) io vorrei accidere tua madre perché tu sei ancora qua”.
La titolare avrebbe tenuto sotto scacco le collaboratrici, che temevano di perdere il posto di lavoro se avessero rivelato quanto accadeva all’interno della struttura. L’ultima collaboratrice, anche lei indagata, sarebbe stata “continuamente minacciata di non rinnovarle la collaborazione lavorativa”. Infine, un’altra educatrice, che aveva “espresso perplessità” sui metodi educativi, era stata cacciata via dalla struttura.