Nell’inchiesta che coinvolge gli ultras di Inter e Milan, solo uno dei 19 arrestati ha deciso di parlare, ammettendo alcuni addebiti. Gli interrogatori si sono chiusi oggi, con la maggior parte degli indagati che si è avvalsa della facoltà di non rispondere
Si sono conclusi i primi interrogatori in carcere per le 19 persone arrestate nell’ambito dell’inchiesta sugli Ultras di Milan e Inter. Indagine che ora entra in una nuova fase.
Gli interrogatori di garanzia erano il primo atto dovuto. Ma la stragrande maggioranza degli indagati ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere.
Inchiesta Ultras Milan e Inter: chi ha parlato
Solo uno degli indagati, tutti ancora in carcere, ha deciso di rispondere alle domande delle autorità. Si tratta di Cristian Ferrario, accusato di essere il prestanome di Andrea Beretta e di Antonio Bellocco, i due leader della curva nord, rispettivamente killer e vittima del drammatico omicidio avvenuto a Cernusco alcuni giorni fa.
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Beretta e Bellocco stavano discutendo proprio sugli affari legati a merchandising con le quote dei guadagni illeciti da spartirsi. Una discussione finita in tragedia. Bellocco si presentò al chiarimento armato e Beretta lo uccise a coltellate.
Chi è Cristian Ferraio
Il fatto che Ferrario sia l’unico tra i 19 arrestati ad aver parlato è un fatto di particolare interesse. Ferrario avrebbe ammesso le proprie responsabilità riguardo alle accuse di intestazione fittizia di attività di carattere commerciale, fattore aggravante sulle accuse di organizzazione a delinquere di stampo mafioso.
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La sua ammissione è stata vista come un segnale importante in un’indagine che ruota intorno a numerosi crimini, tra cui traffici illeciti e abusi di potere legati alla gestione delle tifoserie organizzate.
Inchiesta ultra Milan e Inter, vige il silenzio
Gli altri indagati, tuttavia, hanno adottato una linea difensiva diversa, scegliendo di non rispondere alle domande durante gli interrogatori. Tra questi figurano Gianfranco Ferdico, padre di Marco Ferdico, un ex capo della curva Nord, e altri nomi rilevanti come Renato Bosetti e Giuseppe Caminiti. Caminiti, in particolare, è accusato di essere coinvolto in un cold case risalente al 1992, l’omicidio di Fausto Borgioli, uomo legato al boss Francis Turatello un nome iconico del mondo criminalità organizzata milanese. Borgioli era stato ucciso a colpi di pistola per questioni legate al traffico di droga.
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La maggior parte degli ultras arrestati ha preferito dunque mantenere un assoluto riserbo durante gli interrogatori. Tra i primi a comparire davanti al giudice per le indagini preliminari Domenico Santoro vi erano proprio Andrea Beretta, che dovrà rispondere in un altro procedimento dell’omicidio di Bellocco, difeso anche per questi nuovi capi d’accusa dall’avvocato Mirko Perlino, e Francesco Lucci, fratello di Luca Lucci, storico leader della curva Sud del Milan.
Un giro d’affari ingentissimo
Le indagini si concentrano su una serie di attività illecite legate alla gestione delle tifoserie organizzate, comprese la rivendita di biglietti a prezzi gonfiati, la gestione dei parcheggi intorno allo stadio di San Siro. Ma anche abusi sugli steward per favorire l’ingresso di tifosi senza biglietto.
Attività che hanno permesso ai leader delle due curve di mantenere un controllo capillare sugli eventi sportivi, creando una rete di interessi economici e criminali davvero estremamente ingente. Si parla di guadagni di decine di migliaia di euro per ogni singola partita a San Siro. Un business che vedeva i capiultrà di Milan e Inter collaborare in un accordo di spartizione e comune interesse.
Inchiesta ultras Milan e Inter: si indaga ancora
L’inchiesta condotta dal PM Paolo Storari, presente agli interrogatori, prosegue e potrebbe portare a nuovi sviluppi. Vista la delicatezza del caso e il coinvolgimento di esponenti legati alla criminalità organizzata, le autorità stanno valutando l’eventualità di assegnare una scorta al magistrato, cosa già richiesta anche dalla prefettura per motivi non solo di sicurezza del magistrato, ma anche di ordine pubblico. Una cautela motivata dal fatto che il caso non coinvolge solo ultras, ma anche importanti figure della malavita milanese, cosa che rende il contesto ancora più complesso e pericoloso.
In attesa del processo
Con la chiusura degli interrogatori, la vicenda è destinata a proseguire in tribunale, dove verranno esaminate le prove raccolte finora. Le ammissioni di Cristian Ferrario potrebbero rivelarsi cruciali per l’accusa, mentre il silenzio degli altri indagati rende difficile prevedere quali saranno le prossime mosse della difesa. Resta da vedere se, nel corso del processo, emergeranno nuovi dettagli che possano contribuire a chiarire ulteriormente il quadro di questa complessa inchiesta. Ma anche se arriveranno nuove testimonianze volontarie, considerando anche il clamore mediatico che il caso ha ottenuto in questi ultimi giorni.