Per il 39enne Giacomo Bozzoli, nipote di Mario, arriva la condanna definitiva dalla Cassazione: ergastolo per aver ucciso lo zio. Il movente del delitto sarebbe il rancore covato dall’assassino verso la vittima. Le forze dell’ordine vanno a casa dell’uomo ma non lo trovano
Il 39enne Giacomo deve entrare in carcere per il delitto dello zio, Mario Bozzoli, scomparso l’8 ottobre del 2015 da Marcheno (Brescia). Da quel giorno il corpo della vittima non è stato mai ritrovato. A uccidere Bozzoli sarebbe stato, secondo la Corte di Cassazione, il nipote ma i carabinieri quando si dirigono a casa dell’assassino non trovano nessuno.
La condanna per il killer è definitiva: ergastolo per l’imprenditore 39enne. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dai legali dell’imputato confermando, invece, la sentenza della Corte d’Assise d’Appello, che a sua volta aveva confermato la sentenza di primo grado.
Condannato all’ergastolo, sparisce nel nulla
Non appena il provvedimento di carcerazione sarà ufficiale il 39enne inizierà a scontare la sua condanna di reclusione a vita. Ma in queste ore è nato un problema non da poco: il 39enne attualmente risulta irreperibile.
Da diverse ore gli uomini dell’Arma dei carabinieri della compagnia di Salò stanno stazionando fuori dalla casa di Giacomo Bozzoli, una villa in centro a Soiano, sul lago di Garda. Dell’uomo però nessuna traccia. L’imprenditore sembra essere sparito nel nulla.
L’omicidio di Mario Bozzoli
Secondo l’accusa, Mario Bozzoli, titolare delle Fonderie Bozzoli di Marcheno, in Valtrompia nonché zio dell’imputato Giacomo, sarebbe stato ammazzato da quest’ultimo o gettato in un forno. Nella ricostruzione della Procura e delle forze dell’ordine sembra che anche un operaio della fonderia, Giuseppe Ghirardini, avrebbe aiutato, sotto cospicuo compenso devoluto da parte di Giacomo Bozzoli, alla distruzione del cadavere dell’imprenditore.
Ma, nella fattispecie dei fatti, non si è mai saputo com’è andata veramente, in quanto l’operaio che aiutò il nipote della vittima venne trovato morto in Valcamonica, molto probabilmente deceduto per avvelenamento.
Il movente del delitto
Nelle motivazioni della sentenza di secondo grado i giudici della Corte di Cassazione, il movente alla base dell’efferato omicidio sarebbero stati vecchi rancori di tipo economico. Si legge nella sentenza, come riporta anche BresciaToday: “Giacomo è l’unico in cui è risultato coesistere, unitamente a un odio ostinato e incontenibile nei confronti della vittima.
“Anche l’interesse economico per ucciderla riconducibile agli interessi societari e familiari”. Secondo i giudici il 39enne sarebbe stato l’unico “che ripetutamente e senza freni aveva manifestato il desiderio di ucciderlo“. Il delitto si sarebbe poi compiuto e “con atroci modalità”. Durante l’intero processo l’imputato Giacomo Bozzoli si è sempre dichiarato innocente.
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La difesa
I legali di Giacomo Bozzoli, l’avvocato Luigi Frattini e il professor Franco Coppi, avevano avanzato la richiesta di annullamento della condanna per il loro assistito. Per Coppi, noto legale in passato di Andreotti e Berlusconi, come riporta anche il Giorno: “la doppia conforme della sentenza non è sinonimo di verità assoluta, ma potrebbe essere un duplice errore”.
“Così come è un errore ritenere che sia la difesa a dover fornire la prova dell’innocenza dell’imputato, quando è invece l’accusa che ne deve provare la colpevolezza”. Era stato contestato il cambio d’imputazione avvenuto nelle ultime udienze del processo di primo grado. L’accusa, secondo i legali di Bozzoli, era passata da “ha ucciso lo zio e ha trasportato fuori dall’azienda il cadavere a bordo della sua auto” a “ha ucciso lo zio nel forno della fonderia”.
Infine, alla domanda dove fossero finiti i resti del corpo della vittima, la risposta era stata “non ci sono stati resti”. Ma, come ribadisce la difesa, l’esperimento giudiziale con il maialino nella fornace aveva provato il contrario, dopo che erano state trovate tracce dell’animale carbonizzato.