Como, scoperto tesoro da 4 milioni di euro: maxi premio agli esploratori

La scoperta del Tesoro romano a Como ha portato gli scopritori a ricevere una ricompensa stratosferica. Ben un quarto del valore totale del tesoro, ovvero 1 milione di euro

L’indicazione arrivata ieri, martedì 30 gennaio direttamente dal Consiglio di Stato, dopo la scoperta del Tesoro di Como è che agli scopritori spetta un quarto del valore del tesoro, che al momento è stimato a 4 milioni di euro. Dunque, circa un milione di euro.

tesoro como
Scoperto il Tesoro di Como da 4 milioni di euro. Maxi premio agli esploratori (ansa) milano.cityrumors.it

Il preziosissimo ritrovamento è stato effettuato dalla srl Officine Immobiliari ed ora i giudici del collegio del Consiglio di Stato hanno fissato, come riporta il Giorno, tre paletti imprescindibili, ovvero: ritenere che la scoperta vada attribuita alla società incaricata dei lavori; non va applicata la ritenuta d’imposta alla fonte e in ultimo, che la controparte deve partecipare al procedimento sulla quantificazione del premio.

La scoperta del Tesoro

Per capire bene l’intera vicenda bisogna fare un passo indietro e tornare al 29 gennaio del 2016 quando Officine Immobiliari acquista da Nuova Beverà srl l’ex Teatro Cressoni per un progetto di ristrutturazione che prevede il restyling dei muri perimetrali e la realizzazione di appartamenti a uso privato.

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Scoperto il Tesoro di Como da 4 milioni di euro. Maxi premio agli esploratori (ansa) milano.cityrumors.it

Lo stabile si trova in un’area “a rischio archeologico”. Di conseguenza la Sovrintendenza per i beni archeologici della Lombardia conferma che il palazzo del centro storico di Como “è ubicato in zona a rischio di ritrovamenti archeologici tanto di età romana che di età medievale”; per ciò viene sottolineato che “tutte le opere di scavo dovranno avvenire con controllo di operatore archeologico”.

Così i responsabili della Officine immobiliari srl affidano a una società specializzata i lavori. Il 5 settembre 2018 viene alla luce il tesoro: una brocca in pietra colma di mille monete d’oro di epoca romana e tre anelli, una pepita e un lingottino, nascosta lì secondo gli esperti nella seconda metà del V secolo dopo Cristo. Il ministro dei Beni culturali dell’epoca, Alberto Bonisoli, nel corso della conferenza stampa di presentazione del tesoro spiega: “Per me questo è un caso più che eccezionale, è epocale, uno di quelli che segna il percorso della storia. È un messaggio che ci arriva dai nostri antenati”.

La ricompensa

Dopo il ritrovamento del Tesoro di Como passano tre anni e sul caso entrano a far parte gli avvocati. Questo perché il 9 marzo 2021 il Ministero dei Beni culturali determina l’entità della ricompensa da devolvere agli scopritori di Officine Immobiliari: 369.041,36 euro, ovvero il 9,25% del valore stimato di quasi 4 milioni di euro.

Ma la Officine immobiliari srl presenta ricorso al Tar, sostenendo che il decreto legislativo 42 del 2004 in merito ai Codice dei Beni culturali nell’articolo 92 dichiara che il “riconoscimento ai proprietari dell’immobile o agli scopritori deve essere pari a un quarto del valore”.

L’istanza presentata al Tar viene respinta dai giudici del Tribunale sostenendo che “non è mai stato adottato un provvedimento formale di concessione, inoltre non è chiaro a chi debba essere attribuita la paternità del ritrovamento, ovvero se alla società committente, a quella specializzata in scavi archeologici o a quella che ha materialmente effettuato gli scavi”.  Ergo: il premio è corretto così.

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La decisione del Consiglio di Stato

Dopo mille peripezie, arriva la svolta direttamente dal Consiglio di Stato che cambia tutto e da ragione alla srl.  Per il collegio di Stato, così come riporta anche il Giorno: “una volta correttamente esclusa la qualifica di concessionario, non può parimenti escludersi anche quella di scopritore.

“Riconosciuto che le attività di scavo erano state svolte direttamente dalla proprietaria, seppur attraverso la materiale esecuzione da parte di soggetti e macchinari incaricati, il conseguente ritrovamento non può che imputarsi direttamente alla stessa società, titolare del bene e delle attività in essere”.

Inoltre, si legge nelle motivazioni, che al premio non deve essere applicata la ritenuta alla fonte a titolo di imposta (pari al 25%), e questo perché “non si tratta di un premio per una vincita rimessa alla sorte, ma di un ristoro per un’attività svolta nello stesso interesse pubblico”.

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