Le indagini sul caso del cavo d’acciaio teso in viale Toscana a Milano sono ad una svolta. Dopo l’arresto di Alex Baiocco e il fermo del secondo complice, il 18enne Michele Di Rosa, i carabinieri hanno trovato anche il terzo ragazzo, un minorenne di nome Emanuele
Dopo l’arresto di Alex Baiocco e l’individuazione e il fermo del secondo ragazzo, Michele Di Rosa, all’appello mancava solo l’ultimo complice del trio che ha ideato la trappola mortale la sera del 3 gennaio scorso. Serata che il pubblico ministero Enrico Pavone e il gip Domenico Santoro hanno definito “assurda notte di viale Toscana”, quella del cavo d’acciaio teso lungo lo stradone e che, fortunatamente, è stata individuata in tempo da un 26enne che ha assistito alla messa a punto del gioco fatale ideato dai 3 irresponsabili ragazzi di Milano.
Nella serata di venerdì scorso alla questura di Monza si è presentato uno dei complici del 24enne milanese Alex Baiocco, il primo ad essere stato identificato. Il suo presunto complice è Michele Di Rosa, un ragazzo appena maggiorenne (18 anni), il quale si è rivolto alla polizia accompagnato dal suo legale.
Trovato il terzo complice
Dopo l’arrivo in questura a Monza del secondo complice di Baiocco, i carabinieri di Milano che si occupano del caso, sono stati immediatamente avvisati. Il giovane 18enne nel frattempo è stato portato in carcere a Monza. Ora gli accertamenti degli investigatori proseguono e le indagini hanno puntato diritto all’ultimo complice dei due autori che, nella notte tra il 3 e il 4 gennaio scorso, hanno posizionato il cavo d’acciaio in viale Toscana.
Il secondo autore del gesto, Michele Di Rosa, era già stato identificato dagli agenti e per questo motivo il ragazzo ha, poi, scelto di presentarsi in questura. Secondo la ricostruzione della dinamica dei fatti eseguita dai carabinieri, Di Rosa avrebbe noleggiato uno scooter elettrico e dopo aver teso il cavo d’acciaio con gli altri due complici, si sarebbe allontano in sella al mezzo con l’altro ragazzo, Emanuele, il terzo complice risultato, dalle indagini dei carabinieri, anche minorenne.
Si tratta di un ragazzo italiano di 17 anni, che risulta, secondo le prime informazioni giunte, ricoverato da venerdì scorso presso l’ospedale Niguarda di Milano, per problemi psichiatrici. Domenica il minorenne avrebbe confessato ai genitori di aver preso parte al gesto avventato. Attualmente nei confronti del ragazzo non sono stati presi provvedimenti. I tre ragazzi si conoscono attraverso i social e non una amicizia consolidata.
Caduta l’accusa di tentata strage
I due amici “complici” al momento fermati e arrestati dovranno rispondere dell’accusa di blocco stradale e non più dei reati che in un primo momento furono loro contestati, ovvero quello di strage e attentato alla sicurezza dei trasporti. Secondo il gip Santoro la condotta “assurda“ dei giovani non integra il reato di strage che consiste, invece: “nel fatto di chi, al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità. In questo particolare caso, non è dato evincere che quella condotta sia stata accompagnata dal fine di uccidere così come richiesto in giurisprudenza”.
Stessa cosa vale anche per il reato di attentato alla sicurezza dei trasporti. Ma non per l’accusa di blocco stradale che, secondo il giudice per le indagini preliminari: “Allo stato degli atti non appare dubitabile che il pericolosissimo congegno abbia oggettivamente avuto finalità di ostacolare la libera circolazione”. Le decisioni del gip giungono dopo le ammissioni di Alex Baiocco il quale ha definito le sue stesse azioni un “gioco senza regole“.
Il 24enne ha affermato davanti al giudice: “Non c’era un’altezza prestabilita alla quale intendevamo mettere il cavo In generale non c’è stata una programmazione della cosa”. In sostanza ha definito il gesto una “idea stupida” messa in pratica dal gruppo solo per noia.
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Il pentimento di Alex Baiocco
Durante l’interrogatorio difronte al magistrato il 24enne milanese Baiocco ha continuato ad affermare: “Eravamo molto scherzosi, continuavamo a ridere, io ho ritenuto di seguire il gruppo. Solo dopo ci siamo resi conto che qualcuno ci osservava dalla finestra, ci siamo spaventati e siamo corsi via. Questo è quello di cui io mi pento maggiormente perché mi sono reso conto che andava tolto il cavo dalla strada, ho detto cavolo devo tornare indietro a togliere il cavo. In cella, ho capito che qualcuno poteva morire“.
Più volte il ragazzo ha dichiarato di non avere mai avuto l’intenzione di fare male a qualcuno e di non essersi reso conto del pericolo reale che quel “gioco” poteva rappresentare. Ha poi concluso, come riporta il giudice, che il giovane ha anche affermato che stava facendo “il pagliaccio per assecondare gli amici”. “Mi avevano chiesto, ad esempio di entrare a casa mia dalla finestra. Quando stendevo il cavo con loro, in quel momento avevo bisogno di approvazione“.