Caso Stefano Conti, prigioniero a Panama per tratta di persone. La lettera shock dal carcere

Rischia fino a 30 anni di reclusione il trader brianzolo Stefano Conti, in carcere a Panama con l’accusa di tratta di persone a scopi sessuali. Il 39enne denuncia, attraverso il suo legale, la situazione invivibile in cella

Ha ottenuto i domiciliari dopo un anno e due mesi rinchiuso nel carcere di Panama, uno degli istituti penitenziari tra i più sovraffollati del mondo. Parliamo del 39enne trader brianzolo, Stefano Conti che, tramite il suo legale, oggi racconta la situazione invivibile delle carceri tra condizioni igienico sanitarie terribili, assenza di medici e poco cibo e acqua.

stefano conti
Caso Stefano Conti, prigioniero a Panama (web) Milano.cityrumors.it

L’uomo, accusato di tratta di persone a scopi sessuali, seppur ai domiciliari, rischia fino a 30 anni di reclusione. Ad occuparsi del caso Conti, in prima persona, è il deputato di Fratelli d’Italia, Andrea Di Giuseppe, eletto all’estero nella circoscrizione Nord e Centro America, che segue la vicenda da vicino.

La denuncia del legale di Conti

L’avvocato di Stefano Conti, il legale Vincenzo Randazzo, denuncia la situazione in cui il suo assistito ha vissuto nel periodo di prigionia a Panama. “Ci sono 2mila detenuti all’estero, la metà dei quali in carcerazione preventiva e spesso senza accuse formali. È necessario un procedimento diplomatico di rilevante entità che porti a un colloquio urgente con lo Stato di Panama, allo scopo di ottenere il rientro in patria del connazionale”.

stefano conti
Caso Stefano Conti, prigioniero a Panama (web) Milano.cityrumors.it

Poi il difensore continua, come riporta il Giorno, scrivendo: “Il signor Conti, dopo intervento legale e politico dell’onorevole Di Giuseppe, si trova sottoposto a misura domiciliare con braccialetto elettronico ma rischia l’imminente rientro in carcere (tra i peggiori al mondo) e in caso di condanna a differenza di quanto previsto in Italia per reati simili, rischierebbe oltre 30 anni. Ha rischiato e continuerebbe a rischiare la propria vita”.

“È chiaro che nessuno chiede l’intervento nella Sovranità statale ma secondo quanto previsto dai trattati e dalle Convenzioni internazionali e tra Italia e Panama, anche in attesa di giudizio e per il principio di leale collaborazione tra Stati questa evenienza è possibile. In alternativa, si potrebbe chiedere la cessazione della misura cautelare. Non vi sono indizi gravi di colpevolezza o tantomeno pericolo di fuga o inquinamento delle prove”.

Il racconto horror di Stefano

Racconta le troppe vicende di cui, nel carcere di Panama, è stato protagonista o ha visto con i suoi occhi. Stefano Conti, come riporta il Giorno, spiega la situazione al limite dell’umano: “sgozzato in cella, ma prima di portarlo fuori sono dovute trascorrere ore. Perché nelle carceri di Panama non c’è Dio o Tribunale che tenga, conta solo una regola: il Codice, come dicono le guardie e nessuno avrebbe fatto niente fino al mattino. E quando sono venuti a prendere il morto, lo hanno messo su una dei quelle che chiamano ambulanze, ma che sono in realtà carrucole arrugginite, a ogni passo la testa del cadavere a penzoloni sbatteva contro il muro tanto che alla fine si è staccata”.

stefano conti
Caso Stefano Conti, prigioniero a Panama (web) Milano.cityrumors.it

Di storie dell’orrore così, il 39enne ne ha viste tante in un anno e due mesi di detenzione nel carcere di massima sicurezza “La Joya” di Panama: 4 omicidi, 6 sparatorie, risse, condizioni igieniche spaventose, diritti civili inesistenti. “Mi sono preso la scabbia, c’erano sanguisughe, topi e scarafaggi giganteschi, li vedo ancora in ogni ombra. Mangiavo un pugno di riso e avevamo solo un’ora al giorno per l’acqua, che andavamo a procurarci con un secchio. Per mesi non ho visto un raggio di sole. E io ero fortunato, per così dire, perché c’è una tale corruzione là dentro che solo grazie ai miei soldi potevo permettermi anche quel pugno di riso”.

La svolta al processo

L’accusa di cui deve rispondere il 39enne cresciuto a Cesano Maderno, Brianza, è tratta di persone a scopi sessuali. L’uomo, facendo arrivare a Panama ragazze colombiane avrebbe favorito la prostituzione. Ovviamente il 39enne nega tutto. E l’altro giorno, al processo c’è stato un colpo di scena quando sono state le sue stesse presunte vittime a scagionarlo le quali hanno sostenuto di essere state oggetto di “pressioni e minacce da parte del pm”.

La paura per Conti, rimane palpabile. Il 39enne racconta che in cella “ho temuto di impazzire, il sangue mi usciva dalle infezioni, l’aria era così calda che si liquefaceva. E a febbraio si ricomincia con un processo infinito in cui la pena richiesta per me ammonta a 30 anni di reclusione. Ho paura, lo Stato italiano mi ha dimenticato“.

LEGGI ANCHE: >>> Violento nubifragio a Milano: le zone più colpite e i danni. Il meteo nel weekend

“Un castello di accuse infondate”

“Sono divorziato, mi piacevano le donne, ma reati non ne ho mai commessi. Il 15 agosto del 2022 sono venuti a prendermi, però. E il giorno dopo hanno cominciato a costruire il castello di accuse”. Secondo il trader sono state inventate false prove e giudici corrotti. “Ho denunciato la Procura per cospirazione. Ma ho pagato per aver contro-denunciato un sistema corrotto. Mi sono trovato l’Intelligence in prigione a distruggere tutto per cercare prove contro di me, neanche fossi stato un pericoloso narcotrafficante. A Panama la prostituzione non è reato, e io non ho fatto nulla per agevolarla, semplicemente andavo a donne”.

Infine, racconta Stefano: “Ho scoperto che c’erano 11 faldoni relativi al mio procedimento, me ne sono stati consegnati solo due. Negli altri, che ho visto dopo, c’erano tutte testimonianze e prove che ero innocente. Ora il giudice ha concesso che mi fosse tolto il braccialetto elettronico, ma il procuratore ha subito ‘contro appellato’. E’ una cospirazione, cosa dovrei fare io perché l’Italia venga a prendermi? Candidarmi alle presidenziali? Almeno nel caso di Chico Forti di mezzo c’era un cadavere, in quello di Ilaria Salis un’aggressione. Nel mio caso non c’è nulla, rischio 30 anni per aver ingaggiato delle prostitute”.

Gestione cookie