Nell’ultimo aggiornamento contro l’Aids l’Istituto superiore di sanità denuncia la situazione allarmante in Lombardia. Quattro le provincie da “bollino rosso” che preoccupano. I dati
L’obiettivo dell’Onu è quello di porre fine all’Aids entro il 2030 ma la preoccupazione maggiore secondo l’ultimo report del Centro operativo Aids dell’Iss (Istituto superiore della sanità) riguardano le diagnosi tardive. Nel 2022, secondo l’aggiornamento proposto, il 58,1% di chi ha ricevuto la diagnosi di Hiv era già in Aids o prossimo a questa condizione.
Si evidenzia, così un dato allarmante che viene sottolineato ancora di più da ben 10 associazioni impegnate in Italia contro la lotta all’Hiv: Anlaids Ets, Arcigay Aps, Asa Milano Odv, C.i.c.a, Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, Lila Onlus, Milano Check Point Ets, Nadir Ets, Nps Italia Aps, Plus Aps. Le provincie lombarde sorvegliate speciali in questo caso sono 3: Como, Lodi e Brescia.
Allarme Aids in Lombardia: le città da “bollino rosso”
Come denunciano le 10 associazioni da sempre in lotta contro l’Hiv: “Da anni la scienza ci ha fornito strumenti terapeutici in grado di rendere il virus dell’Hiv non trasmissibile e di assicurare alle persone sieropositive prospettive di vita, in linea con la popolazione generale. Conoscere il proprio stato sierologico è la prima condizione per mettersi ciascuno al sicuro”.
Il monito della campagna di informazione divulgata dalle dieci organizzazioni è “U=U impossibile sbagliare”, claim lanciato per riaprire in Italia il dibattito pubblico sull’Hiv. Il Giorno riporta le parole di Daniele Calzavara, Milano Check Point Ets, che ricorda: “Dopo le grandi campagne di comunicazione degli anni ‘90sull’Hiv e l’Aids c’è stato un calo di attenzione. L’anno di Covid ha sicuramente avuto un impatto sul ritardo delle diagnosi, ma è solo un tassello che non spiega i numeri del 2022 quando l’attività era ormai ripresa”.
Nello scorso anno, in leggero aumento rispetto al 2021 e 2020, in Lombardia sono state 97 le nuove diagnosi di Aids ma le divergenze a livello territoriale sono molto forti. Per esempio, nell’ambito dell’incidenza delle nuove diagnosi, Milano riporta un dato ritenuto positivo con 55 nuove diagnosi per l’Aids. Anche Bergamo resta all’interno dei valori registrati a livello nazionale. Calvazara sottolinea: “Un’inversione di rotta che è frutto di una serie di fattori, dall’alta percentuale di persone con Hiv in trattamento al numero significatovi di Prep, che ha un valore protettivo per la comunità”. Allarmanti, invece, le città di Brescia, dove l’incidenza di nuove diagnosi per Aids è tra le più alte. Stessa tendenza negativa per Lecco, Como e Lodi, tutte attestate sopra la media nazionale con 0,7 nuovi casi ogni 100mila abitanti.
Iss: “fondamentale la prevenzione”
Secondo il rapporto dell’Istituto superiore di Sanità, fondamentale alla lotta contro l’Aids resta la prevenzione. L’84% delle diagnosi, secondo l’ultimo aggiornamento stilato, è legato alla trasmissione sessuale.
Mentre le diagnosi dovute a rapporti eterosessuali non protetti rappresentano il 43% del totale; quelle dovute a rapporti sessuali non protetti tra omosessuali sono quasi il 41%. Tra gli eterosessuali che hanno ricevuto una nuova diagnosi i maschi sono circa il 25%, le donne quasi il 18%.
Alla base della scelta per cui le persone hanno eseguito un test contro l’Hiv c’è la comparsa dei primi sintomi o di patologie legate all’Aids. Solo il 24% ha eseguito il test dell’Hiv perché consapevole di aver avuto rapporti non protetti. Infine, solo il 9% ha fatto il test nell’ambito di altri controlli o in occasione di campagne d’informazione o di screening.