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Lombardia Film: a processo i due contabili della Lega

Il procuratore Eugenio Fusco e il pm Stefano Civardi, titolari dell’inchiesta sulla compravendita del capannone di Cormano che fa capo alla Lombardia Film Commission, hanno chiesto al gip Giulio Fanales il processo con rito immediato per gli altri tre indagati nella vicenda ovvero i due commercialisti vicini alla Lega Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni e l’imprenditore rei Francesco Barachetti.

Al momento si trovano tutti e tre ai domiciliari e devono rispondere alle accuse di peculato, turbativa d’asta, fatture false ed evasione.
I tre non hanno ma espresso l’intenzione di collaborare con i magistrati.

Solo la settimana scorsa, altri due indagati, Michele Scillieri e suo cognato Fabio Barbarossa avevano chiesto di patteggiare.
La decisione in merito, da parte del gip Lidia Castellucci è attesa per la fine di febbraio.

Se l’istanza presentata dai loro legali sarà accolta, i due commercialisti dovranno scontare, rispettivamente, tre anni e otto mesi di reclusione con 85 mila euro di risarcimento e due anni e due mesi con trentamila euro di risarcimento.
In questo modo uscirebbero di fatto dall’inchiesta e potrebbero essere chiamati come testimoni, a questo punto con l’obbligo di dire la verità, nel processo a carico degli altri imputati.

L’altro protagonista della vicenda, quel Luca Sostegni considerato il prestanome della trattativa immobiliare aveva già patteggiato una pena a 4 anni e 10 mesi.
La richiesta dei suoi legali era infatti stata accolta anche in virtù della collaborazione dimostrata con i magistrati titolari dell’inchiesta sulla Lombardia Film.

Secondo i magistrati, Manzoni e Di Rubba, insieme a Scillieri, avrebbero ideato l’operazione sull’immobile di Cormano scelto come nuova sede della Lombardia Film Commission di cui Di Rubba era presidente.
L’immobile fu acquistato da una società sull’orlo del fallimento intestata fittiziamente a Sostegni ma in realtà in mano a Scillieri, senza effettuare alcun pagamento.
Il denaro incassato dalla Regione, i famosi 800 mila euro, finì invece nelle tasche dei tre soggetti anche attraverso i pagamenti all’imprenditore Francesco Barachetti, per lavori mai realizzati.
Barachetti è lo stesso personaggio elevato da semplice idraulico a società leader nell’impiantistica finito in numerose segnalazione dell’Antiriciclaggio di Banca d’Italia.
Secondo le ipotesi investigative, a lui arrivavano i fondi distratti dalla Lega che poi provvedeva a dirottare su società e persone vicine al Carroccio.