L’Approfondimento: 1969, secondo capitolo

Chi lo analizzasse o solo lo ricordasse pur dai più diversi e a volte contrapposti punti di vista, resterebbero in pochi a sostenere che il 1969 sia stato un anno qualsiasi.

Nel nostro secondo appuntamento, dedicato alla rievocazione di quel periodo, vogliamo continuare in questa specie di almanacco prendendo spunto dagli accadimenti, dei mesi di Febbraio e di Marzo anche se non necessariamente nell’ordine.

Ciò ci fornisce l’opportunità di mettere a confronto due grandi figure che caratterizzarono il panorama mondiale dell’epoca. I loro nomi sono Yasser Arafat e Golda Meir.

Arafat, nei primi giorni di febbraio, venne eletto capo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina; la Meir, poco più di un mese dopo, fu nominata Primo Ministro di Israele.

Fu sempre conflitto, per entrambi. L’OLP era una forza che sosteneva, da anni la lotta per la creazione di uno stato libero della Palestina appoggiata da numerosi paesi arabi ma rapidamente osteggiata dalla Giordania nel cui territorio agivano i militanti palestinesi. Dal canto israeliano la questione non poteva risolversi se non attraverso il consolidamento dei confini conquistati dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967, quando i tanks di Moshe Dayan distrussero gli eserciti della coalizione composta dall’Egitto, dalla Siria, dalla Giordania e dall’Iraq. Come spesso accade, una vittoria militare raramente si traduce in stabilità politica. E’ quanto avvenne anche in Medio Oriente con il perpetuarsi (fino ai giorni nostri) di azioni assai sanguinose, connotate dai feroci attentati palestinesi a dalle rappresaglie di Israele e dei suoi alleati.

Nel 1969 avremo anche il primo volo del Concorde. O per meglio dire di un suo prototipo che effettuò un test decisivo ai primi di marzo. Il velivolo da trasporto supersonico, frutto di una accordo anglo-francese, entrerà ufficialmente nelle rotte transoceaniche solo nel gennaio del 1976.

Intanto a Milano si preparava quello che poi sarà definito l’Autunno Caldo. A trovare questa sintesi lessicale (se non ricordiamo male) fu Francesco De Martino, allora segretario del Partito Socialista. Le mobilitazioni sindacali si stavano sviluppando già dagli anni precedenti con la scadenza dei contratti di importanti categorie. La strada fu aperta da una importante conquista normativa a cui, sia le aziende a partecipazione statale (come l’Intersind-ASAP) che la Confindustria opposero una ferma resistenza. Il centro attorno cui gravitava tutta la forza degli industriali si sviluppava lungo l’asse Milano-Torino, i quali male sopportavano l’ingerenza dei sindacati oramai lanciati oltre il confine della pura trattativa sull’aumento della paga oraria. Nelle piattaforme, presentate sul finire del ’68 e agli inizi del ’69, i punti principali riguardavano l’organizzazione del lavoro. Avvenne alla Pirelli, all’Innocenti, e in tutte le realtà di quella grande fucina di mano d’opera allora rappresentata dalla Marelli (la Ercole, la Magneti) e dalla Falck di Sesto San Giovanni. Per non parlare delle centinaia di piccole aziende con cui si articolava l’indotto con altre migliaia di addetti. L’obbiettivo era di unificare i trattamenti, senza lasciare indietro nessuno.

Uno scoglio, fino a quel momento apparso insuperabile anche al più combattivo dei sindacalisti, si stagliava per impedire l’affermarsi di questo principio, ovvero: le gabbie salariali.

Le Gabbie Salariali ponevano in essere un trattamento sperequato, sulla base di un accordo tra industriali e organizzazioni corporative dei lavoratori stipulato nel 1945 (solo al Nord e con la RSI ancora in sella) poi confermato nel 1946. L’accordo prevedeva che i salari fossero parametrati al costo della vita. Pertanto, vennero individuate varie zone tra le quali gli stipendi variavano (tra una zona e l’ altra) con una forbice che raggiungeva il 29%. Il metodo venne esteso e dieci anni dopo tutto il territorio nazionale fu suddiviso in quattordici zone. Stava a significare che un lavoratore del Sud veniva retribuito quasi il 30% in meno di uno operante al Nord e che nello stesso settentrione, per esempio, vi fosse una differenza tra Veneto e Lombardia. La differenza venne ridotta nel ’61, con molte meno zone ma con un differenziale ancora al 20% che il sindacato seguitava a ritenere iniquo.

La trattativa si sviluppò proprio sulla questione di principio. Il diniego degli imprenditori condusse all’inasprimento della lotta culminata, nel Febbraio, con lo sciopero unitario nazionale di CGIL-CISL e UIL proclamato per abolire quella che veniva considerata una norma discriminatoria.

L’accordo con Confindustria fu siglato nel Marzo. Prevedeva l’abolizione delle gabbie e l’adeguamento salariale con un progressivo e graduale andamento, conclusosi nel 1972. Un accordo così positivo, per tutto il territorio nazionale, non sarebbe mai stato raggiunto senza lo spirito solidale manifestato dai lavoratori delle grandi fabbriche milanesi, in sostanza i meno penalizzati dalle gabbie.Nonostante il subbuglio che si stava delineando le arti non dormivano, anzi. Il ’69 fu un periodo davvero micidiale, per creatività e raffinatezza.

Il cinema e non solo di quell’anno sfornò numerosi lavori di alto livello. Per dirne una in quell’anno, Mario Puzo, pubblicò “Il Padrino”

Alcuni film sono considerarti capolavori. Nel corso dei nostri appuntamenti ne citeremo diversi. Per questa volta ci limitiamo ad uno, in particolare. A suo modo esemplificativo considerando e non in senso dispregiativo, la retorica del momento. “Un uomo da marciapiede” (Midnight Cowboy)di John Schlesinger. Storia d’immigrazione urbana negli USA e di amicizia tra due uomini. Comunque privo di quelle ambiguità e pruderie che tanto hanno fatto la fortuna delle commedie di quegli anni e che pur ha trovato negli Stati Uniti (come da noi) qualche ostacolo nella censura. Memorabili le interpretazioni di John Voight e Dustin Hoffman. Tre Oscar per film regia e sceneggiatura. Superlativa la colonna sonora. “Everybody’s Talkin” scritta da Fred Neil e cantata da Harry Nilsson vantò tanti riconoscimenti.

A proposito della colonna sonora di quel film, anche a Bob Dylan fu chiesto di scrivere il brano conduttore. Wikipedia disse che fu scelto “Everybody’s...” tra una rosa di candidati. La verità, confermata da più fonti, sarebbe che Dylan si dimenticò di inviare la canzone “Lay Lady Lay” scritta appositamente per l film. Quando se ne ricordò era già troppo tardi. Nel frattempo Jim Morrison, cantante dei Doors, trovava il tempo per farsi arrestare per atti osceni in luogo pubblico. La polizia di New Haven lo trascinò giù dal palco a causa delle sue continue provocazioni. Era il 4 marzo del 1969.

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