Roberto Formigoni ha diritto alla pensione. Così ha deciso la Commissione Contenziosa del Senato accogliendo il suo ricorso contro la sospensione del vitalizio inizialmente decisa dopo la condanna a 5 anni e 10 mesi per corruzione.
La decisione è maturata anche in base alla legge del 2019 in tema di Reddito di cittadinanza che stabilisce la sospensione dei vitalizi solo per chi ha ricevuto sentenza di condanna, per reati che non siano di stampo mafioso o terroristico, e risulti latitante o evaso. Una circostanza che non si applica a Formigoni che sta scontando la pena ai domiciliari. La Cassazione, infatti, con sentenza del 2019 aveva dapprima ridotto la pena e poi accolto la richiesta dei domiciliari in virtù dell’età dell’imputato ultrasettantenne.
La vicenda che ha coinvolto l’ex governatore della Lombardia risale al 2012 e riguarda la sottrazione di fondi pubblici alla Fondazione Maugeri, considerata una delle eccellenze della sanità lombarda. Inchiesta che aveva coinvolto tale Pierangelo Daccò, amico di Formigoni, e che si era poi estesa anche al San Raffaele. Dalle due strutture sarebbero dunque usciti soldi a favore di Daccò in cambio di compensi per Formigoni sotto forma di viaggi e contanti. In cambio, le due strutture ospedaliere avrebbero ricevuto rimborsi non dovuti.
Il processo si era quindi aperto nel 2014 per concludersi con una richiesta di condanna a 9 anni per i reati di associazione a delinquere e corruzione. Seguono gli altri gradi di giudizio fino al pronunciamento della Cassazione che riduce la pena a 5 anni e 10 mesi applicando uno sconto di pena per subentrata prescrizione dei reati. Per Formigoni si aprono quindi le porte del carcere di Bollate dal quale esce, per passare ai domiciliari, nel luglio del 2019.