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Carcere e smart working: l’esperimento a Bollate

Il carcere di Bollate è la prima realtà penitenziaria a ospitare un progetto di smart working, grazie a un’iniziativa promossa dalla cooperativa sociale “bee.4 altre menti”. La realizzazione è stata possibile grazie alla Fondazione Vismara e al contributo di Regione Lombardia.

L’idea si inserisce nel contesto più generale di reinserimento dei detenuti nel tessuto sociale, a sua volta figlia nella rieducazione attraverso la pena sancita dalla nostra Costituzione e si propone anche di ridurre l’emarginazione di chi ha poca dimestichezza con la tecnologia.
Il punto di partenza del progetto è stato l’impossibilità, per alcuni detenuti, di recarsi fisicamente sul posto di lavoro a causa della pandemia. Da qui l’idea di trasformare la cella in una postazione di smart working vera e propria, un lavoro reso possibile dalla collaborazione con la direzione del carcere e nel pieno rispetto dei limiti di sicurezza.

“Il lavoro in carcere alle dipendenze di imprese esterne rispetto all’amministrazione penitenziaria – fanno sapere dalla Cooperativa – è un’opportunità riservata ad un numero ridotto di persone, è un progetto pilota che grazie all’interessamento di alcune imprese che si impegnano anche nel carcere serve a portare il lavoro nel penitenziario come riscatto sociale, per passare dalla punizione al recupero”.

“La remotizzazione delle postazioni di lavoro in cella – ha precisato Pino Cantatore, direttore della cooperativa sociale bee.4 – rappresenta un’autentica rivoluzione per quelli che sono i canoni dell’universo penitenziario oltre a essere una nuova chiave interpretativa per l’approccio al tema del lavoro in carcere”.

Il progetto è partito a febbraio di quest’anno e i risultati saranno presentati questo pomeriggio nell’ambito del Salone della Csr e dell’innovazione sociale. Per i prossimi mesi la Cooperativa ha in cantiere altri progetti che prevedono l’ampliamento delle opportunità lavorative all’interno dell’istituto di Bollate con 10 percorsi lavorativi che dureranno 12 mesi, seguendo altrettanti nuovi percorsi di inserimento lavorativo che riguardano persone che si trovano in regime di “esecuzione penale esterna”, oltre ad altre 20 postazioni di lavoro che la cooperativa ha creato presso una propria sede a Cologno Monzese.