La Scala di Milano si popola per la prima rappresentazione della stagione. Salvini spiazzato da un grido: “Viva l’Italia antifascista”.
A Milano la Prima della Scala è sempre un evento importante. Volti noti del jet-set italiano e non solo si alternano in quello che è un vero e proprio luogo di rappresentanza. Il teatro lirico nella sua accezione più pura. Quest’anno l’opera prima era Don Carlo, diretto dal maestro Riccardo Chailly.
Una vera e propria suggestione che prende vita: questa è stata l’impressione da parte dei presenti. Non mancava davvero nessuno: da Linus a Ornella Vannoni, da La Russa a Salvini. Politica, sociale e spettacolo. C’era davvero ogni cosa e ogni persona. Proprio come si conviene a questi eventi.
Salvini spiazzato alla Prima della Scala: “Non si viene qui per urlare”
Una particolarità si è registrata e non riguarda propriamente l’esecuzione dell’opera. Nel corso dello spettacolo, precisamente al termine dell’Inno di Mameli che precede l’inizio dell’opera, si erge un grido dalla platea: “Viva l’Italia antifascista”. La presenza della Senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ai campi di sterminio, deve aver rievocato certi ricordi in grado di alimentare un moto patriottico.
L’iniziativa, tuttavia, spiazza il Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini che afferma: “Se si viene alla Scala per urlare o all’Ambrogino a fischiare, vuol dire che si hanno dei problemi. Alla Scala bisogna, innanzitutto, ascoltare. Ho trovato l’opera bellissima”. Sui social le frasi del leader leghista hanno generato più di qualche divisione: c’è chi approva il gesto in platea e chi, invece, sposa la tesi di Salvini.
A teatro non si urla, ma evidentemente la circostanza era particolare. Così come particolari sono determinate situazioni. Impossibile stabilire il confine tra consono e fuori luogo. Soprattutto quando intrattenimento e politica sembrano andare a braccetto. Successivamente ha trionfato il canto, ma dopo la rappresentazione le “note stonate” – secondo alcuni – hanno preso il sopravvento. Resta sempre, per citare Jannacci, uno che alla Scala c’è stato meno ma ha saputo ugualmente incantare, una questione d’orecchio.