Tra l’anima e la notte, il contemporary soul di Venerus

E’ partito dalle luci di San Siro, il quartiere in cui e nato a Milano, ma è approdato ad una musica molto lontana dallo stile cantautoriale italiano. Andrea Venerus ha seguito una passione che lo ha portato a 18 anni, nel 2010, a Londra, dove per cinque anni ha potuto affinare il suo stile e fare esperienza nelle scene musicali di Brixton e Notting Hill. Dopo cinque anni nella capitale britannica c’è il ritorno in Italia, a Roma dove va per lavoro e finisce per innamorarsi della città, dove decide di abitare.

Tre città uniche che miscelano le proprie atmosfere nella musica di Venerus, dove altri tre apici si incontrano e si mescolano: il soul, il jazz e l’elettronica. Un crossover emozionale e stilistico che nasce dalla vita a contatto con le trasformazione del presente. Ora tutto questo si incontra nell’EP di Venerus A che punto è la notte, uscito ieri per l’etichetta Asian Fake e che segue il singolo Dreamliner uscito questa estate.Il disco segna una prima svolta nella giovane carriera del musicista milanese, che ci dice:
“Per la prima volta scrivo e canto in italiano, posso esprimermi nella mia lingua e questo significa molto. Negli anni dello studio al conservatorio, In Inghilterra, la mia testa pensava “Musica – Musica – Musica”, il suono era tutto. Adesso posso raccontare, raccontarmi: era il tassello mancante.”

Il titolo mette in primo piano il momento dal quale Venerus trae maggiore ispirazione, la notte appunto, e il suo guardarsi attorno, anche nel buoi, per comprendere dove si trova, dove si trovano gli altri, quelli che stanno intorno a lui. In questo EP Venerus ha suonato quasi tutti gli strumenti, poi riuniti nell’immaterialità del computer creatore.

“Ho voluto creare un mio palco, giocare sull’ambiguità così che nessuno avesse paletti in cui incasellarmi. Quando ti ho tolto i punti di riferimento, le tue coordinate, posso rapportarmi a te nel modo che preferisco, portarti nel mio mondo senza preconcetti, raccontarti qualcosa di sincero. In questo senso lo spazio in cui sono seduto è finto, però l’abbiamo costruito con le nostre mani, dunque è anche vero. Io sono lì in carne ossa, ma truccato e quindi finto. Un me trasfigurato, un me musicista che non vuole però rinchiudersi in sé stesso: non mi interessa fare musica per musicisti, scavarmi una nicchia, faccio musica sperando arrivi a più persone possibile.” (Venerus)

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