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Sentieri di Celluloide: “Ratataplan”

Joe Denti – Narratore della storia del cinema

– Milano nel cinema –

Ratataplan

Una buona fine senza un buon inizio è inutile. Un buon inizio senza una buona fine è deludente. Quando un buon inizio è una buona fine sono divisi da uno sviluppo noioso È un peccato.

(Maurizio Nichetti)

Maurizio Nichetti,  poliedrico artista milanese, già nel corso degli anni universitari è attratto da ambiti più artistici di espressione che lo portano a frequentare il corso di mimo al Piccolo Teatro di Milano, dove lavorerà per alcuni anni.

La sua passione per il fumetto e i cartoni animati lo vedranno come sceneggiatore alla “Bruno Bozzetto Film“, firmando tre lungometraggi con protagonista il celebre “Signor Rossi”, e il film “Allegro non troppo”, diretto e prodotto da Bruno Bozzetto, ispirato al classico disneyano “Fantasia”, realizzato con una tecnica mista, in parte con attori veri, in parte con personaggi d’animazione, in cui appare anche come attore.

Nel 1974 fonda il gruppo teatrale “Quelli di Grock”, ancora oggi tra le scuole più importanti di recitazione, che prende il nome da circense svizzero Grock, considerato il più grande clown dei suoi tempi.

Grock 1928

Non è vero che il pubblico che assiste ai film si è ridotto: si è solo ridotto lo schermo, da cinematografico a televisivo. 

(Maurizio Nichetti)

Artisticamente legato al linguaggio del corpo ispirandosi ai personaggi delle comiche del cinema muto americano, in particolare alle figure di Buster Keaton e Charlie Chaplin, con un accurato sguardo alla mimica  di Jacques Tati, nel 1979, Nichetti debutta alla regia dirigendo se stesso in “Ratataplan“. L’esordio è folgorante, l’attore-regista irrompe nel cinema italiano portando sul grande schermo una storia, da lui scritta e sceneggiata, che pur negando il “Modus operandi” in stile delle vecchie comiche, si rivela stilisticamente innovativa, a partire dalla scelta di rinunciare quasi del tutto ai dialoghi, con trovate sceniche e narrative legate al mondo dei cartoni animati, capace di dare un clamoroso scossone alla polverosa commedia a cavallo tra gli anni ’70 e ’80.

Ambientato in una Milano grigia è alienata dal logorroico ritmo della vita moderna, il film con la sua fiabesca e surreale messinscena, offre anche uno sguardo su temi importanti quali:  il rapporto interpersonale, il disagio giovanile e la disoccupazione, tutto narrato con un gusto ed una tecnica che il regista dimostrerà anche in seguito.

La vita non offre soddisfazioni al neolaureato ingegnere Colombo (Maurizio Nichetti). Vive in un fatiscente ma vivace palazzo di ringhiera, avendo come vicini una donna perennemente incinta, i membri della compagnia teatrale “Quelli di Grock“, una ragazza (Angela Finocchiaro) sempre intenta a trasportare i mucchi di stracci e un allieva di una sgangherata scuola di ballo di cui è invaghito ma che non lo degna di uno sguardo. Colombo è a suo modo un genio dell’elettronica e dell’automazione, tuttavia il suo impegno è quello di barista presso uno sperduto chiosco di bibite in cima alla montagnetta di San Siro, nella periferia di Milano, gestito da una megera grassa e beona, unica cliente di se stessa. 

La routine viene interrotta quando il manager di un vertice internazionale costretto su una sedia a rotelle, è colto da malore: uno dei presenti al convegno telefona a un bar nei paraggi per far portare un bicchiere d’acqua, ma per errore compone il numero del chiosco. Colombo si ritrova a dover attraversare di corsa tutta Milano, portando su un vassoio il bicchiere d’acqua, che durante il percorso subisce una sequenza di ridicoli incidenti: viene da prima versato nel cappello di un vigile urbano, poi degli imbianchini vi intingono per sbaglio i pennelli, poi viene sporcato dallo scarico di un camion, poi dei piccioni vi mangiano del becchime, e infine vi cade dentro un insetto. Giunto a destinazione l’acqua viene comunque fatta bere al manager, il quale non solo si riprende, ma miracolosamente si alza della sedia a rotelle ridendo e saltellando.

Parrebbe quindi che la vita di Colombo sia ad una svolta, al chiosco si forma una lunga fila di disabili per bere  l’intruglio miracoloso, che Colombo prepara riproducendo sapientemente sul posto tutta la trafila di disavventure capitate in precedenza, ma sul più bello giunge anche il manager, che compra a suon di milioni l’intero chiosco per trasformarlo in santuario. La megera, che già si dava arie da santona, è entusiasta del progetto, mentre Colombo si trova disoccupato. Per sbarcare il lunario l’ingegnere si improvvisa violinista entrando a far parte della squinternata cooperativa teatrale che ha sede presso il suo condominio, partecipando ad uno spettacolo in un cortile di una località rurale dispersa nella nebbia, in mezzo a galline, oche e vacche. Tornato a casa stremato, Colombo viene nuovamente snobbato dalla ballerina di cui è innamorato, quindi decide di passare all’azione ma, troppo timido per corteggiarla in prima persona, costruisce con mezzi di recupero un automa telecomandato fatto a propria immagine. Vestitolo di tutto punto e inviato sulla balconata di casa, per suo tramite riesce finalmente ad attrarre l’attenzione dell’allieva della scuola di ballo che accetta l’invito in discoteca. Colombo, rimasto a casa a pilotare l’automa, segue l’evoluzione della serata, che sembra procedere bene fino a quando il sistema di controllo esplode.

Allertata dal boato dell’esplosione, la ragazza che raccoglie stracci si precipita in casa di Colombo, e constatate le sue buone condizioni, dapprima gli esprime la propria simpatia, e poi li invita a seguirlo in un magazzino colmo di coloratissimi stracci. Lì i due giocano a travestirsi e a rotolarsi, trovando finalmente entrambi la felicità in modo del tutto inatteso.

Maurizio Nichetti, al suo esordio cinematografico, non rinuncia alla passione per i “cartoons”, dedicando i titoli di testa ai cartoni animati, realizzati da Guido Manuli, con le musiche composte da Detto Mariano. Lo sgangherato chiosco di bibite si trova in cima alla montagnetta di San Siro, ribattezzata “Montestella“, sorta nell’immediato dopoguerra con l’accumulo di macerie, provocate dai bombardamenti, oggi tra i più luminosi parchi del capoluogo lombardo. La ringhiera, dove vive Colombo e i suoi vicini è sita sull’Alzaia Naviglio Grande. Nichetti, correndo per portare il bicchiere d’acqua negli uffici di un grattacielo in via Melchiorre Gioia, passa dal ponte di ferro in Porta Genova, per poi attraversare rocambolescamente: piazzale Giulio Cesare, Piazza Cordusio e Piazza del Duomo.

Maurizio Nichetti, tornerà a dirigere se stesso nella sua Milano, nel 1991 in “Volere volare“.

Ma questa è un’altra storia…

“A ben Arrivederci”

Joe Denti