Sentieri di Celluloide
– Milano nel cinema –
Il … Belpaese
Mi considero un narratore e ne sono lieto, ma mi rimane più facile esprimermi attraverso la forma del racconto.
(Luciano Salce)
“Gli italiani quando sono in due si confidano i segreti, tre fanno considerazioni filosofiche, quattro giocano a scopa, cinque a poker, sei parlano di calcio, sette fondano un partito del quale aspirano tutti segretamente alla provvidenza, otto formano un coro di montagna.”
(Paolo Villaggio)
Il 27 marzo 1975, prende vita sul grande schermo il personaggio del ragionier Ugo Fantozzi, ideato e interpretato da Paolo Villaggio in: “Fantozzi“, per la regia di Luciano Salce. Fantozzi diventa subito un fenomeno culturale, un sinbolo, una maschera, prototipo inquietante dell’uomo medio, frustrato, vessato, scalognato, destinato, da che mondo è mondo, a subire. Già nel 1971, dopo l’uscita del primo libro, la Rizzoli e Villaggio avevano deciso di trasportare al cinema la figura di Fantozzi contattando per la regia Salvatore Samperi. Il progetto tuttavia si arenò, finché il successo del secondo libro convinse a resuscitare l’idea con Luciano Salce a sostituire Samperi alla regia. Salce firmerà anche il secondo capitolo:”Il secondo tragico Fantozzi“, per poi lasciare il testimone a Neri Parenti, fortemente voluto da Villaggio, che realizzerà gli altri 8 titoli della saga fantozziana.
“La misura cinematografica ci ha imposto una dimensione apertamente surreale. Fantozzi sarà così molto più simile ai personaggi di certi disegni animati americani che a quelli della cosiddetta commedia all’italiana: l’indole sprovveduta, quella immunità fisica e spirituale che deriva dalla sua congenita inconsapevolezza fanno pensare al gatto Silvestro. Tuttavia, ho sempre il timore di tradire l’aspettativa del lettore”
(Paolo Villaggio)
Nel 1977, Luciano Salce e Paolo Villaggio tornano a lavorare insieme in: “Il … Belpaese“, alle prese con la sfida di allargare la satira sociale della serie Fantozzi all’analisi della situazione italiana complessiva negli anni ’70. Il meccanismo narrativo mette in scena il terrorismo, varia criminalità, movimenti studenteschi e femministi, droga e figli dei fiori, trasformando la Milano da bere in un amaro calice di cicuta socratica, in uno spietato ritratto di un’Italia divenuta quasi un Far West.
Dopo ben 8 anni trascorsi su una piattaforma petrolifera, Guido Belardinelli (Paolo Villaggio) torna in italia, nella natia Milano, trovandola immersa nel caos degli anni di piombo. Con i suoi risparmi apre un negozio di orologeria che però non ha il successo sperato e inoltre è preso di mira dagli attacchi malavitosi ad opera di un boss locale che intende trasformarlo in un punto per lo smercio di droga, oltre ad essere spesso vittima di furti da parte di ladri e gruppi di studenti-rivoluzionari. È proprio durante una “espropriazione” da parte di un gruppo di militanti che Guido incontra Mia (Silvia Dionisio), una giovane contestatrice femminista di cui ben presto si innamora. Iniziano ad incontrarsi sporadicamente fino al giorno in cui lei decide di avere un figlio. Quando Guido è sull’orlo del fallimento con un destino che sembra abbia deciso il suo futuro sia nuovamente su una piattaforma nel Golfo Persico, l’amore per il nascituro e, in fondo, per la sua amata Italia gli fanno cambiare idea.
Scritto da Castellano e Pipolo, con la colonna sonora composta da Gianni Boncompagni, con l’inserimento di numerosi brani punk dei “The boys“, il film seppur ambientato a Milano è stato realizzato negli studi di Cinecittà, dove sono state ricostruite alcune location simili al centro città del capoluogo lombardo. Il sodalizio artistico tra Salce e Villaggio continuerà nel 1978 in: “Professor Kranz tedesco di Germania“.
Ma questa è un’altra storia…
“A ben Arrivederci”
Joe Denti