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“Molte sono le cose inquietanti, ma nessuna è più inquietante dell’uomo”.
(Sofocle – “Antigone”)
La fine degli anni ’60 sono tempi turbolenti, attraversati dalla protesta sociale, dalla lotta civile, dalla contestazione contro la guerra in Vietnam e il razzismo dominante. Le strade d’America sono percorse da ondate di violenza che si riflettono nei disordini scatenati dalle nuove generazioni in Europa. Il clima è favorevole per tentare anche nel cinema qualcosa di nuovo, di estremo, di oltraggioso, di mai visto prima. Il cinema indipendente americano, grazie al talento di George A. Romero, nel 1968, porta sul grande schermo “La notte dei morti viventi“, pellicola destinata a diventare un cult-movie del genere horror, che presagisce In un certo qual modo la dilagante violenza che aveva investito l’America in quegli anni.
Il cinema italiano, nel 1969, risponde con un’opera fantapolitica dalla straordinaria potenza iconografica, ambientata in paesaggi metropolitani desolanti e inquietanti in uno scenario apocalittico.
“I cannibali”, diretto da Liliana Cavani cineasta di lucida intelligenza con un senso rigoroso del dramma, narrato attraverso un linguaggio filmico deliberatamente al di fuori della morale tradizionale, capace di esplorare gli abissi della psiche umana. Una storia sul potere e la rivoluzione, spostata nel contesto di un regime totalitario contemporaneo, una devastante analisi sulla realtà, in cui il rivoluzionario di domani interpretato da Pierre Clèmenti, non deve parlare, perché la parola è già l’inizio di un compromesso, quindi, di una sconfitta.
Il film si serve di una trama presa da “Antigone”, di Sofocle, perché a me interessava una trama che può essere sempre attuale, quanto inattuale, perché il mito è fatto così, racconta una storia che potrebbe accadere e potrebbe mai essere accaduta, quella della tiranniade a Tebe, quindi allarma gli spettatori e va letto nella logica del mito. Le immagini del mio film, da cui può essere nato, sono le immagini di una liberalizzazione che è avvenuta nella mia generazione. La mia generazione non ha la liberazione del ’45, ma quella del ’68.
(Liliana Cavani)
In una metropoli moderna, dominata da un governo totalitario, le piazze e le vie sono disseminate di cadaveri, sono i corpi dei ribelli e devono restare lì, per ordine delle autorità cittadine, per scoraggiare altre insurrezioni, monito per chi vuole opporsi, pena la morte. Solo Antigone, interpretata da Britt Ekland, sembra accorgersi della disunità del potere e vorrebbe seppellire il fratello con l’aiuto di un misterioso straniero. I due verranno arrestati e torturati, per poi riuscire a fuggire dando inizio alla fuga adrenalinica che si concluderà con la loro uccisione, diventando un simbolo per tanti giovani rivoluzionari che, da quel momento, inizieranno a prendere i corpi senza vita per dar loro una degna sepoltura.
Tu ci vedi ma pur vedendoci non vedi in che abisso sei caduto…
(Teresia – “Antigone”)
Liliana Cavani trovò in Pierre Clèmenti, attore simbolo di un cinema ribelle e anticonformista tutte le caratteristiche per affidargli il nuovo il ruolo di Teresia il rivoluzionario pacifista, una storta di Cristo sessantottino. Poco prima dell’inizio della lavorazione della pellicola, l’attore francese era ancora ricoverato in una clinica romana per disintossicarsi dall’ abuso di droghe.
Il giorno in cui la registra lo andò a prendere, Clèmenti l’ accolse a braccia aperte mostrando entrambe le mani completamente fasciate, conseguenze delle ferite provocate rompendo i vetri di una finestra, come atto di rabbia nei confronti del personale medico che gli negava il permesso di uscire.
L’etichetta di “Bello e dannato” gli rimase impressa anche nella vita venendo arrestato, nel 1971, per possesso di droga, scontando una pena di 18 mesi nel carcere di Regina Coeli.
Milano, la metropoli grigia e apocalittica, che nel film non vieni mai esplicitamente citata, ci appare fin dai titoli di testa, accompagnati da una straripante colonna sonora, firmata da Ennio Morricone, come una città fantasma con Piazza Piemonte, fotografata all’alba di un giorno senza sole, disseminata di cadaveri abbandonati sull’asfalto. Le altre location, con strade cosparse di corpi senza vita tra l’indifferenza dei passanti sono quelle di Piazza della Repubblica, piazza Belgioioso, Piazza Duse, via Barozzi.
Il rocambolesco inseguimento dei due protagonisti si svolge in via Melchiorre Gioia, mentre il luogo dove vengono torturati e dal quale riescono a fuggire si trova in via degli Alerami, in zona San Siro.
Sono gli anni del cinema di protesta, sono gli anni di due titoli significativi per raccontare gli avvenimenti politici e le lotte operaie, sono gli anni di “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” e “La classe operaia va in paradiso“, entrambi diretti da Elio Petri e interpretati da Gian Maria Volonté, un attore in divisa da guerrigliero.
Ma questa è un’altra storia…
Joe Denti