L’inchiesta sulle torture e gli abusi avvenuti nel carcere minorile Cesare Beccaria di Milano si allarga. Nel calderone degli indagati anche due ex direttrici. Intanto proseguono gli interrogatori degli agenti tra ammissioni e silenzi
Davanti al gip Stefania Donadeo, sono avvenuti gli interrogatori degli ultimi quattro agenti della Polizia penitenziaria arrestati nell’inchiesta della Procura su maltrattamenti e torture nel carcere minorile Beccaria. I poliziotti hanno raccontato l’orrore maturato in un contesto tragico in cui loro stessi vivevano, al punto tale che alcuni di loro hanno considerato liberatorio perfino il loro arresto.
Nel frattempo, nell’inchiesta della Procura sono finite anche due ex direttrici del carcere Beccaria, raggiunte entrambe da avviso di garanzia.
Gli interrogatori dei 4 agenti arrestati
Degli ultimi quattro indagati non tutti hanno collaborato rispondendo alle domande del giudice per le indagini preliminari Donadeo. Alcuni si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, altri invece hanno parlato ammettendo le torture. Ma non solo, c’è chi ha anche cercato di spiegare lo stato di disagio vissuto all’interno della Struttura carceraria.
Condizioni lavorative stressanti al punto tale da indurre a un “burnout” con turni lavorativi estenuanti e privi di riposo, straordinari non riconosciuti e costante clima di violenze. Tra le lacrime un agente ha confessato: “Non sapevo cosa fare. Ho assistito alle violenze e alle torture dei minori rinchiusi nella struttura”.
Ancora, un altro poliziotto ha confessato inaspettatamente: “Sapevo di essere ripreso dalla telecamera quando picchiavo e torturavo, ma volevo che finisse… per me l’arresto è stato un sollievo“. Quasi tutti i poliziotti arrestati hanno evidenziato l’assenza di formazione nel trattare con i minori nonché la mancanza di comandi provenienti dall’alto. Ed ora la Procura si focalizza proprio sulle eventuali responsabilità degli ex vertici. Prevista per la prossima settimana lo studio degli atti mentre il gip Donadeo interrogherà gli otto agenti sospesi dal servizio. Dagli interrogatori degli arrestati è venuto a galla dagli agenti che nel corso degli anni molti agenti della Penitenziaria si erano rifiutati di lavorare al Beccaria, era l’inferno sceso in terra.
Nuovi rinforzi al Beccaria
Su richiesta del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, presso il carcere milanese Beccaria arriveranno presto altri 13 agenti di Polizia Penitenziaria a rinforzare il personale, dopo l’arresto dei 13 colleghi coinvolti nell’inchiesta della Procura.
A questi si aggiungeranno altre 22 unità, distinte in vari ruoli. Dopo la conclusione a metà luglio del corso degli agenti di polizia penitenziaria, altro personale potrà essere destinato all’Istituto penale per minori. Infine, dal prossimo 6 maggio il comando dell’istituto penitenziario sarà assunto da un funzionario del corpo.
Indagate due ex direttrici
Nell’indagini sulle torture e violenze al Beccaria, oltre ai 13 agenti arrestati sono finite sotto inchieste anche due ex direttrici: Maria Vittoria Menenti e Cosima Buccoliero. Per entrambe, i magistrati ipotizzano il reato di omissione prevista dall’articolo 40 comma 2 del codice penale, ovvero: “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
LEGGI ANCHE: >>> Milano, spacciava la shaboo sotto casa: colto sul fatto ed arrestato. Ecco che droga è
Il “metodo educativo” degli agenti
Agli atti dell’inchiesta emerge il sistema di violenze che, all’interno dell’istituto penitenziario minorile era diventato una normale routine usato come “metodo educativo per i ragazzini detenuti agevolate, in alcuni casi, dagli apicali”. Non c’era una persona che non sapesse che al Beccaria era “normale essere picchiati”.
Si passava dallo “schiaffo, alla tortura, lesioni, sputi, minacce, calci, pugni, bastonate, cinghiate, fino agli stupri”. Questo è solo una parte di quanto emerso dalle intercettazioni. Ma c’erano anche agenti che in gruppo, anche in 10 o in 20, infierivano sui giovani detenuti ammanettati dietro alla schiena perché, come riporta il Giorno: “così era impossibile per loro parare i colpi con le mani”.
“Hanno spaccato un mio amico… Giuro, c’aveva sul labbro l’impronta della suola degli anfibi. Sanguinava dalla bocca ed era tutto gonfio”, racconta un ragazzino detenuto nel Beccaria. Il metodo “educativo” degli agenti era talmente noto ai minori detenuti che tra loro si organizzavano come potevano: come vestirsi a strati per sentire meno dolore.