Le torture reiterate nel tempo nel carcere minorile di Milano Cesare Beccaria ai danni di giovani detenuti ha portato all’arresto di 13 agenti. I racconti dell’orrore delle vittime: “Picchiavano così forte da farci svenire”
13 agenti della Polizia Penitenziaria del carcere minorile “Cesare Beccaria” di Milano sono finiti agli arresti per aver pestato di botte i giovani detenuti e inflitto loro torture e violenze reiterate nel tempo. Altri 8 agenti sono stati invece sospesi dal servizio. Ma all’interno delle mura del carcere le vittime sapevano come funzionava e oggi raccontano quegli orrendi episodi.
Chi parla racconta che addirittura uno degli agenti della polizia penitenziaria indagati era soprannominato “Mma”, in riferimento allo sport da combattimento, perché “picchiava talmente forte che una volta con uno schiaffo ha fatto svenire un ragazzo”. Tra i detenuti del Beccaria lo schema di chi detiene il potere tra gli agenti era ben noto: “l’assistente più vecchio comanda e ai nuovi arrivati nella scuola interna del carcere minorile veniva raccontato dai veterani che essere picchiati è normale”.
Le torture raccontate
Le violenze ai giovani detenuti del Beccaria erano “reiterate e sistematiche”. Dagli atti dell’inchiesta della Procura di Milano, coordinata dalla Squadra Mobile e dal Nucleo investigativo della Polizia penitenziaria emerge che “Anche in 10 picchiavano, tutti contro uno come condotta ordinaria degli agenti che vogliono stabilire le regole di civile convivenza nel carcere e imporle picchiando, aggredendo e offendendo”.
Gli agenti arrestati (13 in totale) e gli altri 8 indagati sospesi dal servizio, avrebbero urlato ai detenuti durante i pestaggi frasi del tipo: “Sei un arabo zingaro. Noi siamo napoletani, voi siete arabi di m…Sei venuto ieri”. La testimonianza raccolta di una delle vittime, racconta di un pestaggio avvenuto nel 2021. Il ragazzo ha raccontato ai pm, come riporta il Giorno: “Quando hanno iniziato a picchiarmi mi sono protetto raggomitolandomi con le braccia intorno al viso. Ero ammanettato e le ginocchia verso il petto per proteggermi dai colpi, ho sentito dei colpi sulla schiena e un bastone che si rompeva”.
Mentre, gli altri brutali episodi sono avvenuti nell’ultimo anno. A verbale anche la testimonianza di un altro giovane che racconta come, il giorno dopo il pestaggio, durante una videochiamata con la madre, questa si sarebbe resa conto dei segni sul volto del figlio e così avrebbe fatto una foto al viso del ragazzo e raccontato tutto ad un avvocato. Successivamente, il ragazzo è stato avvicinato durante la colazione da un assistente il quale avrebbe intimato al detenuto: “Ti conviene ritirare la denuncia se no sono problemi per te”.
Ancora, un altro ragazzo avrebbe raccontato ai pm che prima di sporgere denuncia, si sarebbe provocato lividi per rendere evidenti le parti del corpo dove aveva subito lesioni inferte con metodi che consentivano di non lasciare tracce. “Ho parlato coi miei compagni e visto che volevo denunciarlo ho deciso di farmi due segni sul torace dandomi da solo dei pizzicotti perché non mi aveva lasciato segni”.
L’inizio delle indagini
Le indagini coordinate dai pm Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena sono iniziate dopo le querele presentate dagli stessi detenuti nonché dal racconto della mamma di uno di loro, dalla relazione di una psicologa e da segnalazioni arrivate sul tavolo dell’ex consigliere comunale del Pd David Gentili e dal Garante per i detenuti del Comune di Milano Francesco Maisto, trasmesse successivamente alla Procura di Milano.
Le denunce presentate hanno aperto un varco sulle oscenità che avvenivano dentro il carcere minorile perché fino a quel momento le torture sono rimaste nell’ombra per “timore di ritorsioni e rappresaglie”, accettati dai giovani detenuti come la normalità della vita quotidiana in carcere.
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Il fatto più grave: le molestie sessuali
Dall’ordinanza del gip Stefania Donadeo, nelle diverse violenze testimoniate da immagini video, e intercettazioni ce n’è una ritenuta “la più grave”: ovvero il raid punitivo nei confronti di un detenuto che aveva come unica colpa quella di aver reagito alle molestie sessuali da parte di uno degli agenti. Erano in 6, ora tutti in carcere: il capoposto Gennaro Mainolfi, detto “Mma”, Roberto Mastronicola, Federico Masci, Giuseppe di Cerbo, Cristian Meccariello e Raffaele Salzano.
Come riporta il Giorno, dopo aver spruzzato sul volto del ragazzo dello spray al peperoncino, lo avrebbero insultato e malmenato. Una volta a terra lo avrebbero ammanettato e colpito ripetutamente, mentre il giovane tentava di difendersi con un pezzo di piastrella. Poi, lo avrebbero trasferito al piano terra “in una cella di isolamento” e qui lo avrebbero denudato e, sempre ammanettato, lo avrebbero preso a cinghiate fino a farlo sanguinare, per poi lasciarlo a terra nudo per un’ora. Il mattino successivo ancora aggressioni fisiche e verbali.
Se anche alcune aggressioni sarebbero avvenute in camere sprovviste di telecamere di videosorveglianza, molte altre sono accadute alla luce dei filmati e delle narrazioni delle vittime: calci dati con la punta degli stivali o anfibi al volto talmente violenti da lasciare “l’impronta sulla nuca del detenuto”. A volte talmente forte le “mazzate” al punto tale da far perdere conoscenza al detenuto. I raid punitivi sarebbero proseguiti nel tempo in modo sistematico e rimasti all’oscuro per via delle relazioni di servizio falsificate dagli agenti.