Durante la manifestazione del “Blocchiamo tutto” c’è un mix di persone e giovanissimi che non c’entrano gli uni con gli altri
“Ma come si può permettere una roba del genere, costringere le persone per bene dentro casa o avere paura di andare a manifestare per davvero…“. E’ la rabbia di Lucia, una signora di sessant’anni che è scesa in piazza per manifestare il suo dissenso ma ha avuto paura ed è stata costretta ad abbandonare il corteo. E ce ne sono stati tanti come lei.

Come la signora Lucia ce ne sono state tante di persone che non erano andate a lavorare o che avevano chiuso la propria attività commerciale per andare a manifestare e gridare il loro dissenso e il loro appoggio per quanto sta accadendo in Medio Oriente e ai palestinesi.
“Era sceso per le strade per gridare il mio sdegno per quello che sta accadendo da parte di Israele e il silenzio dell’Europa, ma quanto è accaduto non c’entra nulla e ha vanificato in parte quello per cui si è andati a manifestare, così non si può e non è giusto….”, spiega Andrea Lugli, un giovane legale a Milanocityrumors.it che si è trovato in mezzo al caos e ha avuto paura, tanta paura di finire in mezzo a qualcosa di brutto.
Ci sono stati tanti milanesi che hanno manifestato pacificamente o che si sono trovati in mezzo a scontri dove non c’entravano nulla. E, da quanto si sta apprendendo in queste ore, ci sarebbe stato un momento preciso che ha cambiato tutto con i primi scontri all’interno della Stazione Centrale che prima si sono attenuati e poi è scoppiata la bagarre e a generarlo un mix di giovani che tra loro c’entrano poco o nulla, militanti di sinistra, dei centri sociali e i cosiddetti maranza.
Gruppi di anarchici e maranza: ma cosa c’entrano?
Non ci sono leader, né figure note, o comunque più o meno autorevoli e affidabili con cui dialogare per placare gli animi e per trovare una soluzione che fermi l’avanzata dei manifestanti e la guerriglia. Gli antagonisti e i gruppuscoli anarchici che hanno guidato l’incursione in Centrale del pezzo più esagitato del corteo si sfilano d’improvviso.
Ci sono studenti. Ragazzi e adulti. Ma a crescere costantemente col passare dei minuti è il «peso» numerico dei «maranza». Che in questa lunga giornata milanese assomigliano più ai casseur parigini. Sono italiani, stranieri, ragazzi di seconda e terza generazione, tutti giovani e giovanissimi. Arrivano dai quartieri di periferia. La Palestina, per loro, è un simbolo, per alcuni una scusa. Sono rabbiosi. E alimenteranno per ore la guerriglia.

Spesso è più l’azione di un singolo, che a volte viene seguito poi da un gruppetto, altre volte rimane isolato. E ancora più di frequente, chi s’avvicina alla «prima linea» per scagliare qualsiasi cosa lo fa a volto scoperto, avvicinandosi fino a pochi passi dagli scudi, senza timore di essere identificato. Pochissimi si nascondono dietro a un balaclava, o a una kefiah, o una maglietta annodata attorno al collo e alzata fino agli occhi.