Milano presa d’assalto dagli hacker: la Polizia Postale pronta a intervenire per sventare ulteriori e possibili attacchi.
La città meneghina quale protagonista e parte integrante di una tra le più complesse e significative indagini a livello informatico. Oggi è sempre più facile essere preda e cadere nella trappola degli hacker che possono raggiungere perfino le istituzioni. Trattasi di pro e contro del mezzo telematico: utile sotto molteplici aspetti – permette di reperire informazioni nell’immediato e garantisce connessioni con il mondo intero – ma al contempo crea una grande vulnerabilità.
Ebbene, Milano ha preso parte ad una maxi operazione investigativa – coinvolgendo Forze dell’Ordine di altri Paesi Europei – il cui principale obiettivo proprio quello di sgretolare la più importante e temuta organizzazione criminale, giungendo all’arresto di uno dei suoi membri, oltretutto. Di seguito, ecco tutti i dettagli in merito a questo caso che sta dominando l’opinione pubblica.
La Procura di Milano stana il covo degli hacker: catturato
Colpivano marchi di prestigio – tra cui Campari oppure Dollmar, quest’ultimo brand leader europeo per la distribuzione di prodotti chimici industriali – ma non solo poiché anche Enti Ospedalieri come quello della città di Alessandria. Trattasi di Ragnar Locker – uno dei più noti gruppi hacker al mondo – oggetto di una vasta cooperazione internazionale di Polizia che ha portato alla cattura di un esponente.
La Procura di Milano insieme alla Polizia Postale e il Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica – collaborando dunque con la gendarmeria francese e ulteriori Forze dell’Ordine europee – sono giunti all’arresto – presso l’aeroporto di Parigi – di un cittadino trentacinquenne, di nazionalità russa, residente a Praga. L’uomo – un informatico che lavora per una società transalpina – è ritenuto responsabile dei tre attacchi riferiti ai nomi poc’anzi accennati.
Al momento si è in attesa della convalida del fermo e si è già proceduto alla confisca dei beni nel suo appartamento nella capitale ceca e in particolare il computer quale mezzo su cui si basava l’intera attività criminale. La gang in questione poneva in concreto attacchi distruttivi pronti a paralizzare i sistemi di tutto il mondo, impedendo così l’erogazione di servizi essenziali per la società stessa, come la sanità.
Si chiedeva un riscatto da 5 a 70 milioni di dollari – promettendo il ripristino e la restituzione dei dati sottratti. Ma al momento del pagamento si innescava la tecnica della cosiddetta ‘doppia estorsione’ minacciando la pubblicazione di tali informazioni nel darkweb, specialmente la pagina Wall of Shame ovvero Il Muro della Vergogna, anche quest’ultimo ora sotto sequestro.