Dda e guardia di finanza hanno effettuato un’ampia operazione antidroga a Milano: nel mirino le cosche calabresi e campane che gestivano i traffici di cocaina in Lombardia.
Fiumi di cocaina dal Sudamerica che invadevano tutte le principali piazze di spaccio della Lombardia. E fiumi di denaro che, partendo dalla base operativa di Milano, finivano nelle casse della ‘ndrangheta calabrese e la camorra campana.

Le cosche coinvolte nel giro sgominato oggi da finanzieri ed Antimafia erano tutt’altro che si secondo piano. Nell’inchiesta ci sono potenti affiliati delle ‘ndrine della Locride e del clan Di Lauro, lo storico clan del sistema Scampia-Secondigliano di Napoli. In quindici sono stati arrestati oggi (dodici in carcere e tre ai domiciliari), tutti accusati di fare parte di un’associazione criminale dedita al traffico internazionale di stupefacenti.
La guardia di finanza del comando provinciale di Milano ed il Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (Scico) delle fiamme gialle, hanno eseguito un’ordinanza di misure cautelari disposta dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) del capoluogo lombardo. Secondo le autorità i quindici indagati, facenti parte di un’organizzazione criminale armata, avrebbero diretto, finanziato e organizzato un traffico internazionale di sostanze stupefacenti dal Sudamerica.
Blitz contro il narcotraffico a Milano, il ruolo delle cosche
La fitta rete criminale operante tra Lombardia e Calabria avrebbe movimentato cocaina per un valore di oltre diciotto milioni di euro in poco più di dodici mesi. Molteplici i collegamenti emersi anche con la Campania, con l’Albania, con il nord Europa. Tutto ciò grazie alle conoscenze e all’organizzazione ereditate da ‘ndrangheta e camorra. Da un lato le ‘ndrine Papalia-Carciuto, Marando-Trimboli e Barbaro ‘u Castanu, dall’altro un gruppo satellite del clan Di Lauro.
“L’indagine ha cristallizzato – ha scritto in una nota il procuratore capo di Milano Marcello Viola – la fondamentale importanza di ogni singolo membro dell’organizzazione che, con il proprio contributo qualificato messo a disposizione del gruppo associativo, ha permesso di aumentare a dismisura la quantità di stupefacente trattato. Ciò anche in ragione della caratura criminale dei componenti, tutti legati ad ambienti di criminalità organizzata, diversi dei quali già attinti da misure cautelari personali in materia di narcotraffico”.

L’organizzazione milanese, insomma, si avvaleva dell’esperienza di ogni singolo membro. Un “elevato spessore” per l’Antimafia da parte di chi con la giustizia e con il contrasto al narcotraffico aveva già avuto a che fare. Come movimentare la cocaina e distribuirla nelle piazze quindi? L’associazione si avvaleva di un sistema particolare fatto di sofisticati apparati di messaggistica criptata, oltre che di contatti diretti.
Finanza e Antimafia, in collaborazione con l’Europol, hanno quindi scoperto che i dispositivi erano utilizzati per pianificare le importazioni dall’estero di stupefacente. Il loro pagamento tramite il sistema di compensazione/trasferimento informale di valore noto come fei ch‘ien. Di cosa si tratta? Parliamo di un’intermediazione finanziaria molto utilizzata per i trasferimenti di denaro dalle mafie cinesi.
Sostanzialmente, le cosche consegnano i soldi in contanti ad un broker cinese in Italia il quale, attivando la propria rete internazionale, dà il via libera ad un suo uomo di fiducia in Sudamerica che a sua volta consegna il denaro ai narcos per pagare la cocaina. I finanzieri hanno effettuato anche perquisizioni a Milano, Pavia e Reggio Calabria con l’ausilio di unità cinofile cashdog e antidroga.