Finito in carcere nei giorni scorsi dopo una lunga indagine l’ex patron della De Tomaso auto: ecco le accuse che l’hanno incastrato
Localizzato dai Carabinieri e ammanettato dalle autorità montenegrine, Gianluca Rossignolo è stato arrestato nei giorni scorsi dopo aver anche tentato di non essere identificato mediante la presentazione di documenti falsi. Contro di lui pendeva un provvedimento di cattura emesso dalla procura generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Torino, città che ha dato i natali all’ex patron della De Tomaso automobili.
Condannato ad una pena di otto anni e un mese di reclusione a causa del reato di bancarotta fraudolenta della De Tomaso, di cui è stato ritenuto responsabile, inizia ora la sua pena all’interno di un carcere del paese balcanico a disposizione delle autorità montenegrine. Presto, però, sarà estradato in Italia. Ecco quindi le accuse e l’arresto.
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Con il padre Gian Mario, Gianluca nel 2010 aveva tentato di rilanciare la De Tomaso acquisendo lo stabilimento della Pininfarina di Grugliasco, a Torino. Per l’occasione aveva ottenuto dei finanziamenti da prte del dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e regione Toscana per una somma che superava i 10 milioni di euro.
Tutti questi fondi, però, sono poi scomparsi nel nulla e non sono stati investiti né per l’effettivo allestimento delle linee produttive, né per la formazione dei dipendenti. Ex patron della De Tomaso automobili, fallita nel 2012, Rossignolo e il padre sono quindi stati accusati di bancarotta fraudolenta che, secondo le autorità, è stata commessa anche mediante polizze fideiussorie false, anch’esse sotto indagine.
Questa non è però l’unica accusa che pende sulla sua testa. Rossignolo, infatti, è considerato autore anche del reato di commercio di opere d’arte contraffatte. A subirne i danni la Josef & Anni Albers Foundation, una fondazione dedita alla salvaguardia delle opere dei maestri Albers e di Piero Manzoni.
A portare avanti le indagini contro Rossignolo sono stati gli investigatori dei carabinieri di Milano che, durante i lavori, sono riusciti a localizzare l’ex imprenditore a Podgorica, la capitale del Montenegro. Attraverso lo Scip, quindi, hanno attivato la cooperazione internazionale e sono riusciti a fermarlo e ad ammanettarlo.
Nel fallimento, oltre a Gianluca Rossignolo e a suo padre Gian Mario, sono rimasti coinvolti anche quasi mille lavoratori che, dopo anni di cassa integrazione, alla fine hanno subito un licenziamento diretto e sono rimasti senza lavoro.