Finti docenti di sostegno: con diplomi falsi insegnavano in Lombardia. Condannate 3 persone

La Corte dei Conti ha condannato tre persone, finti docenti di sostegno, che da Salerno insegnavano in diverse scuole in Lombardia con diplomi falsi e niente specializzazione. Ora dovranno risarcire il Ministero dell’Istruzione

Sono tre le persone che negli anni si sono fatti passare per veri professori di sostegno e che, in diverse province della Lombardia, insegnavano in vari istituti per disabili senza avere conseguito un attestato di specializzazione. Ora, la Corte dei Conti condanna i tre finti docenti a risarcire il Ministero per tutti gli stipendi ricevuti negli anni successivi.

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Finti docenti di sostegno accusati per truffa. Diplomi falsi per insegnare nelle scuole della Lombardia (Milano.cityrumors.it)

Da Salerno, A.P., classe 1969, ha insegnato per un anno – dal 4 ottobre 2018 al 30 giugno 2019  – come docente di sostegno di alunni con disabilità in un istituto comprensivo di Mantova. L’uomo per poter essere abilitato all’insegnamento ha dichiarato (falsamente) di esser in possesso del diploma magistrale e del diploma di specializzazione per il sostegno conseguito nel 1997 in Campania. Stesso raggiro anche per gli altri due finti professori.

La truffa dei 3 finti docenti di sostegno

Tra i tre finti docenti c’è anche una donna che ha truffato lo Stato dichiarando il falso. E.S. è nata a Salerno così come gli altri due finti maestri di sostegno, e ha insegnato dal 3 al 17 ottobre 2016 in un comprensivo del Mantovano e, successivamente, senza soluzione di continuità, dal 2016 al 2018 in un altro comprensivo sempre della stessa provincia, dedicandosi ai bambini con disabilità.

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Finti docenti di sostegno accusati per truffa. Diplomi falsi per insegnare nelle scuole della Lombardia

Anche lei, per accedere all’insegnamento, ha assicurato di possedere il certificato di maturità magistrale, nonché il diploma di specializzazione per il sostegno conseguito nella stessa fondazione socio-culturale di Castellabate come nel caso di A.P., l’altro finto docente campano.

Infine c’è M.S., anch’esso nato a Salerno. Classe 1971, l’uomo ha svolto la professione di collaboratore scolastico in due scuole della provincia di Bergamo per quasi un anno: dalla fine di settembre del 2018 a inizio giugno del 2019. E anche lui, per riuscirci, ha dichiarato falsamente di aver conseguito la qualifica di “operatore di sala-bar” addirittura col massimo dei voti in un istituto professionale di Castellabate.

L’inchiesta

I tre falsi maestri non hanno in comune solo la provenienza geografica (Salerno) e la scelta di trasferirsi in Lombardia ma sono tutti coinvolti nelle inchieste della Procura di Vallo della Lucania che negli ultimi anni hanno smascherato una frode immensa proprio sulla ricezione di diplomi falsi e attestati conseguiti dietro il pagamento di mille euro e usati dagli acquirenti per poter insegnare o ricoprire altri ruoli all’interno delle scuole italiane.

Per falso e truffa, A.P. nel 2022 ha patteggiato 1 anno, 4 mesi e 17 giorni di carcere dopo che è stato attestato che il finto docente aveva dichiarato il falso sui diplomi conseguiti e allegati alla domanda di “messa a disposizione” presentata nel 2018 a Mantova. La donna, E.S. è stata rinviata a giudizio per truffa, falso e concorso in corruzione. Infine M.S. ha patteggiato per falso e truffa aggravata ai danni dell’amministrazione scolastica.

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La sentenza della Corte dei Conti

Adesso per il gruppetto è arrivato anche il giudizio della Corte dei Conti della Lombardia, che in due casi su tre ha condannato i finti docenti a risarcire al Ministero dell’Istruzione gli stipendi incassati in modo fraudolento. Nelle sentenze-fotocopia su A.P. e E.S., come riporta anche il Giorno, si legge:

“Nell’ipotesi di accesso a posti di impiego pubblico conseguito mediante la falsa attestazione del possesso del titolo di studio richiesto, si versa in una fattispecie di illiceità della causa che, ai sensi dell’articolo 2126 del codice civile, priva il lavoro prestato della relativa tutela, stante il contrasto con norme fondamentali e generali e con i basilari principi pubblicistici dell’ordinamento”.

Infine, “la prestazione lavorativa resa in assenza del titolo prescritto e dichiarato non arreca all’ente pubblico alcuna utilità e determina il venir meno del rapporto sinallagmatico tra prestazione e retribuzione, a nulla rilevando l’effettivo svolgimento di un’attività”. I due dovranno risarcire rispettivamente: 14.442,49 euro e 18.098,80 euro. Mentre, M.S. non dovrà restituire i 9 mila euro guadagnati poiché il suo avvocato ha prodotto in udienza un diploma da ragioniere, conseguito nel 1990, risultato sufficiente per fare il collaboratore scolastico.

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