Cecilia Sala, giornalista italiana detenuta nel carcere di Evin a Teheran dal 19 dicembre, potrebbe essere stata arrestata per ritorsione dopo un fermo avvenuto a Malpensa
Il caso di Cecilia Sala, giornalista italiana arrestata a Teheran il 19 dicembre scorso, sta attirando l’attenzione delle istituzioni e della diplomazia, non solo italiana ma internazionale.
La reporter, 29 anni, si trova attualmente detenuta nel carcere di Evin, purtroppo ben noto per le condizioni estremamente dure riservate ai dissidenti e ai prigionieri politici.
Il caso di Cecilia Sala
Le motivazioni dietro l’arresto non sono ancora state formalmente chiarite dal governo di Teheran ma le autorità italiane e internazionali sono impegnate a fare luce sulla vicenda e a garantire la sicurezza della giornalista.
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In Italia, il caso ha generato una vasta mobilitazione, mentre l’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei, ha potuto visitare la giornalista in carcere per accertarsi delle sue condizioni.
Cecilia Sala, un arresto assurdo
Cecilia Sala è stata arrestata nell’albergo dove risiedeva a Teheran dopo avere ottenuto con estrema fatica un visto in qualità di giornalista per svolgere alcuni reportage. L’allarme è scattato quando il suo podcast Stories, edito per la Chora Media, non è regolarmente arrivato in redazione e il suo telefono è rimasto staccato per diverse ore.
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Il carcere di Evin, situata alla periferia di Teheran, è tristemente nota per ospitare dissidenti e stranieri sospettati di legami con l’opposizione al regime. Proprio qui, nel 2022, era stata detenuta anche la blogger romana Alessia Piperno. Anche in questo caso un fermo del tutto pretestuoso e mai completamente giustificato. Proprio come quello di Cecilia Sala, viene giustificato con vaghi riferimenti a presunti comportamenti illegali non dimostrati.
Il collegamento con un fermo alla Malpensa
Tuttavia tra le ipotesi al vaglio dei diplomatici c’è anche quella di un possibile collegamento con il fermo, avvenuto in Italia, di un cittadino svizzero-iraniano bloccato alla Malpensa sulla base di una richiesta di estradizione proveniente dagli Stati Uniti.
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Si tratta di Mohammad Abedini, bloccato appena tre giorni prima del fermo di Cecilia Sala perché sospettato di essere coinvolto in attività di matrice terroristica. Il fatto che il fermo della giornalista italiana sia di fatto una ritorsione nei confronti del governo italiano è qualcosa di più di una teoria.
Trattative febbrili
Il 20 dicembre Cecilia sarebbe dovuta tornare in Italia. Di fatto è in carcere da otto giorni e da allora è riuscita a effettuare due sole telefonate. Una alla madre e una al fidanzato, Daniele Raineri, giornalista de Il Post. Nei brevi colloqui assicura di essere in buone condizioni fisiche, ma invita le autorità italiane a intervenire con rapidità per risolvere la situazione.
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Nel frattempo, la Farnesina si attiva prontamente: il ministro Antonio Tajani e l’ambasciatrice Paola Amadei, che ha visitato la reporter ieri per circa mezz’ora sorvegliata dalle guardie carcerarie di Evin, sono al lavoro incessantemente.
La giornalista è detenuta in una cella singola ed è apparsa all’ambasciatrice in buone condizioni fisiche ma visibilmente provata dalla detenzione.
Le prossime ore
In queste ore Cecilia dovrebbe ricevere accessori per l’igiene e altri generi di conforto, nel rispetto delle procedure del carcere. Purtroppo il caso preoccupa e non sembra essere destinato a concludersi molto rapidamente se si considera che Alessia Piperno, arrestata in circostanze molto simili, restò rinchiusa in una cella del carcere di Evin per un mese e mezzo.