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Cronaca

Accusato di aver ucciso a fucilate padre e figlio viene scarcerato. Perché i giudici gli concedono la libertà

Il duplice omicidio è avvenuto il 26 dicembre del 2020. Un 47enne viene accusato dell’assassinio in Pakistan ma la Cassazione ribalta la decisione: il presunto killer è libero. Ecco perché

In Pakistan lo accusano di aver ucciso a fucilate un padre e il figlio nel dicembre del 2020 facendo irruzione in una fattoria. Il presunto assassino, un operaio originario del Pakistan di 47 anni che vive in Brianza con la moglie e i figli, si è sempre professato innocente sostenendo che qualcuno in patria voglia incastrarlo per accaparrarsi un terreno e costruirci sopra un impianto militare.

Accusato di aver ucciso a fucilato padre e figlio viene scarcerato. La decisione della Cassazione (ANSA) milano.cityrumors.it

Ma i giudici chiamati a pronunciarsi sul caso del pakistano M.C. si sono concentrati sulla richiesta di estradizione inoltrata dalla Repubblica islamica invece che sulle prove a discapito o a favore. Se inizialmente la Corte d’Appello di Milano ha accolto l’istanza, ora la Cassazione ha ribaltato la situazione, disponendo per l’uomo l’immediata scarcerazione.

I fatti

Si parte dall’8 marzo dello scorso anno (2023) quando il 47enne pakistano, da anni residente in Italia, va in Danimarca in visita da un parente, ma lì viene arrestato e portato in carcere, in esecuzione del mandato emesso il 7 luglio 2021 dal Learned addictional district and session judge di Wazirabad, nella regione del Punjab, (Pakistan) che lo accusa del doppio omicidio del 2020.

Accusato di aver ucciso a fucilato padre e figlio viene scarcerato. La decisione della Cassazione (ANSA) milano.cityrumors.it

In quel periodo l’operaio M.C. si trovava nella sua terra natia, il Pakistan, bloccato dalle restrizioni del Covid. L’uomo resta in cella per quasi un mese, fin quando viene scarcerato dal Tribunale di Nykøbing Falster, sulla base delle condizioni “dure e potenzialmente letali” di diverse carceri pakistani nonché del concreto rischio di violazione del diritto a un processo giusto.

Così, dopo aver lasciato il carcere M.C. rientra in Italia, ma il 5 luglio 2023 l’Ambasciata della Repubblica islamica invia una notifica con la stessa richiesta di estradizione, al Ministero della Giustizia, che a sua volta la gira a Milano. Un mese dopo il procuratore generale chiede di respingere l’istanza, richiamando il precedente verdetto emesso in Danimarca. Si arriva all’udienza del 19 gennaio 2024, quando il 47enne, assistito dall’avvocato Massimiliano Palmieri, si difende dicendo: “I fatti sono diversi, è una macchinazione politica per uccidermi”.

Estradizione si o no?

La decisione ruota attorno a un unico quesito: concedere o meno l’estradizione? Da sottolineare che tra Pakistan e Italia non esiste un trattato bilaterale di estradizione, così come invece è emerso di recente nel caso dei genitori di Saman Abbas, condannati all’ergastolo per l’omicidio della figlia 18enne.

Accusato di aver ucciso a fucilato padre e figlio viene scarcerato. La decisione della Cassazione (ANSA) milano.cityrumors.it

Come riporta una nota del Ministero di Giustizia e trasmessa dall’Ufficio cooperazione giudiziaria internazionale: “I rapporti sono attualmente fondati sulla cortesia istituzionale”. A questo si aggiunge anche che a Islamabad è prevista anche la pena di morte per gli assassini. Così, come riporta stamani anche il Giorno: i giudici di Milano valorizzano l’ordinanza numero VI che nel 2019 ha modificato il codice penale dello Stato: “Qualora l’imputato sia stato estradato in Pakistan o condotto in Pakistan in virtù di un accordo con un Paese straniero o un’autorità diversa da quella prevista dall’estradizione o qualora contro un imputato fossero utilizzate prove in sede giudiziaria ottenute da un Paese straniero, con sentenza di condanna, la Corte può punire l’imputato con qualsiasi pena prevista per tale reato tranne la pena di morte”.

Così si prende atto che “A seguito dell’intervento normativo del 2019 è pertanto possibile affermare con certezza che i fatti per cui è richiesta l’estradizione non sono punibili con la pena capitale”. In fine si giunge all’estradizione e l’operaio M.C. finisce nel carcere di Monza. Qui ci rimane per 90 giorni.

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La svolta della Cassazione

Dopo la scelta, l’avvocato dell’accusa, il legale Massimiliano Palmieri presenta ricorso in Cassazione, spiegando che la legge pakistana citata a Milano non è applicabile alla causa in corso, visto che l’accordo che dovrebbe far scattare l’ordinanza numero VI “è inesistente”.

In poche parole: i rapporti basati solo sulla cortesia diplomatica non obbligano il Pakistan a utilizzare quella norma migliorativa; conseguentemente “il rischio concreto è che il ricorrente, al termine del procedimento penale, possa essere sottoposto alla qisas con conseguente decesso”. Tale affermazione viene condivisa dalla Suprema Corte ritenendo che non vi siano le condizioni previste dal nostro codice di procedura penale. Il verdetto viene dunque annullato e il presunto killer scarcerato immediatamente.