La Milano Romana: il dittico consolare dell’imperatore Giustiniano e un libro per ricordarne le imprese

Ci sono opere d’arte che simboleggiano un’epoca o un grande personaggio. Hanno questo potere in virtù o del loro valore artistico o della loro rarità; o di entrambi.
E’ questo il caso del dittico in avorio conservato al Museo del Castello Sforzesco di Milano. Il dittico era il manufatto tradizionale che chi diventava Console commissionava, in molteplici copie, per celebrare e ricordare la propria investitura. I vari dittici, della dimensione di un grande libro e costituiti da due tavole unite da una cerniera, erano realizzati in avorio con sculture in bassorilievo che raffiguravano il nuovo console in gesta gloriose o in atteggiamenti propiziatori. Erano arricchiti da dediche ai parenti, all’Imperatore, ai senatori.

Il dittico di Giustiniano I, il cui nome era Flavio Pietro Sabbazio, fece realizzare per la sua prima investitura a console dell’Impero Romano d’Oriente, e che è possibile ammirare dal vero proprio a Milano, è caratterizzato da una scelta stilistica originale rispetto alla tradizione delle illustrazioni di questi oggetti d’arte celebrativa. Il dittico infatti non presenta nessuna figura umana ma “solo” due rosoni centrali con iscrizioni e quattro piccole teste di leoni incorniciate da un cerchio di foglie. La fattura raffinata di questi dettagli e l’essenzialità della composizione ne fanno un oggetto di alto valore estetico.

Il minimalismo, così possiamo definirlo, di quest’opera, in realtà poco si sposa con il carattere e la vita dell’uomo, Flavio Pietro Sabbazio Giustiniano appunto, che prima divenne console ed infine imperatore della Roma d’Oriente, Costantinopoli. Il suo regno infatti, durato dal 527 al 565 dopo Cristo, si distinse per una febbrile, anche se non sempre fortunata, attività: in campo legislativo, religioso, edilizio e militare. Giustiniano promulgò una enorme quantità di leggi che andarono a costituire la base del diritto occidentale moderno; costruì migliaia di edifici in tutto l’impero, dalle chiese alle fortezze, dai palazzi alle opere idrauliche; seguì e indirizzò tutte le numerose e cavillose questione della dottrina cristiana; riconquistò l’Italia, l’Africa e una parte di Spagna, terre che erano cadute nelle mani dei “barbari” dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente.

La sua vicenda umana e politica si legò a quella della donna che amò per tutta la vita e che fece imperatrice: Teodora, una ex attrice e prostituta, che egli volle come moglie e come compagna nel regno dell’impero, contro le regole, l’opinione pubblica e le invidie che scatenarono.
Giustiniano e Teodora furono considerati dai nobili e dalle classi conservatrici del tempo uno scandalo, due arrampicatori sociali che avevano fatto fortuna, infine due tiranni che minavano i privilegi di chi, nel mondo romano, era potente da sempre. Infatti se lei proveniva dallo strato più basso della società, appena sopra gli schiavi, lui era nato umile pastore e grazie all’incredibile carriera dello zio che da semplice soldato divenne imperatore come Giustino I, riuscì con l’intelligenza, la volontà e l’intrigo (fece uccidere il generale Vitaliano, suo principale avversario sulla via del trono).

Giustiniano e Teodora furono dei tiranni infatti, tiranni che cercarono di cambiare il mondo, anche favorendo le possibilità di ascesa sociale nella società di Costantinopoli, la Seconda Roma. Molto di ciò che crearono non sopravvisse loro. Ma la leggenda del loro amore e delle loro gesta ha attraversato i secoli fino a noi.
Questa storia può essere ripercorsa, in un susseguirsi avventuroso di vicende e di grandi personaggi, nel romanzo storico di Cesare Cantù Per l’amore di Teodora, inizio di una serie che ricostruisce quegli anni lontani e decisivi per la storia d’Europa.


Sullo sfondo di una città multiforme e variopinta come Costantinopoli, la più grande al mondo nel VI secolo, capitale dell’Impero Romano d’Oriente, delle relazioni con l’impero Persiano e con i regni barbari dell’Occidente, di eserciti che si preparano alla guerra, di infinite dispute religiose, in un clima dove raffinatezza e crudeltà si amalgamano in un equilibrio sorprendente per noi moderni, l’incontro tra una donna disperata e reietta ed un uomo ambizioso e calcolatore segnerà l’ultima grande stagione della cultura e delle potenza romane.

Per chi ama il romanzo avventuroso di ricostruzione storica, dove l’invenzione dell’intreccio si amalgama alla documentazione dei fatti realmente accaduti, dove la fantasia completa la realtà, dove grandi personaggi si confrontano sia con le epiche vicende della Storia che con i complessi e contraddittori rapporti personali, Per l’amore di Teodora rappresenterà una nuova ed originale scoperta.

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