Strage di Erba, Rosa Bazzi prova a rimettere insieme i pezzi: la donna sconta la pena lavorando in attesa dell’istanza di revisione.
Le telecamere indugiano sul pullman che l’aspetta al mattino presto. Il carico, poi il tragitto. L’arrivo e le porte della cooperativa si aprono: è lì che comincia la “nuova” vita di Rosa Bazzi. Riparte dalle pulizie, dopo 18 anni, lo stesso lavoro che faceva prima di quel 11 dicembre 2006 quando la sua quotidianità e quella del marito Olindo Romano cambiò per sempre.
La strage di Erba ha segnato moltissimi, in particolare la famiglia Castagna. I due, dopo quasi due decadi dalla condanna, chiedono la discussione sull’istanza di revisione del processo: capire, indagare, valutare. Alla ricerca di un’altra verità che possa far luce su aspetti che la coppia considera in sospeso.
Strage di Erba, il nuovo inizio di Rosa Bazzi
Di diverso avviso, naturalmente, quel che rimane dei Castagna che fanno sapere: “Non ci sarà mai un’altra verità, potranno chiedere tutte le ridiscussioni del caso, ma la sostanza resta”. Parole forti a cui, comunque, Bazzi non presta attenzione quando le telecamere di Quarto Grado indugiano su di lei.
Esce dal carcere, ma solo per recarsi in cooperativa e sbrigare il proprio impiego: movimenti meccanici, anche ripetitivi, che hanno il sapore di normalità grazie alla possibilità di lavorare anche dietro le sbarre. Condizione che si deve alla norma che consente la riqualificazione lavorativa dei detenuti nonostante tutto.
La routine della 60enne
Un modo come un altro per non lasciarli soli e magari aiutarli a costruire un futuro diverso una volta fuori. La donna aspetta e spera in un cambiamento anche per via di quanto dimostrato in questi anni dietro le sbarre: un processo per strage non si “archivia” soltanto per la buona condotta.
Il 1 marzo a Brescia ci sarà l’atto iniziale della ridiscussione e allora si comincerà a valutare cosa fare e, soprattutto, come agire. In quella strage morirono: Raffaella Castagna, Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e Valeria Cherubini. Vicina di casa. L’unico sopravvissuto a quel giorno è Mario Frigerio, morto poi nel 2014.
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Possibile svolta nell’inchiesta
Fu l’unico testimone della strage, l’uomo in un primo momento non indicò i coniugi come colpevoli, ma successivamente apostrofò Olindo Romano con il termine “Assassino”. Una storia finita, ma ancora senza una fine certa. Ennesimo atto di questa complicata vicenda fra qualche giorno a Brescia, dove presumibilmente altri pezzi del puzzle potrebbero incastrarsi e la forma, addirittura, cambiare. Intanto Rosa lavora, perchè il lavoro nobilita. La Giustizia chiarisce.