Alla vigilia dei due processi sul caso della compravendita del capannone di Cormano, hinterland nord di Milano, la Lombardia Film Commission, destinataria dell’immobile, ha deciso di costituirsi parte civile.
Lo ha fatto nominando, in sua rappresentanza al processo, l’avvocato Andrea Puccio e diffondendo una nota in cui si chiarisce: “Al fine di ottenere l’eventuale ristoro dei danni patiti Lombardia Film Commission comunica di avere avviato ogni più opportuna iniziativa volta alla tutela dei propri interessi”.
I processi che si apriranno in questo mese di aprile, davanti alla settima sezione del tribunale di Milano presieduta da Marco Tremolada sono due: il 15 aprile sarà la volta del procedimento, con rito ordinario, nei confronti dell’imprenditore bergamasco Francesco Barachetti, uomo ritenuto vicino ai due revisori leghisti Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni.
I reati contestati sono concorso in peculato, turbativa d’asta e fatture false.
Il 25 aprile, sarà la volta del procedimento che coinvolge sempre i due revisori, questa volta con rito abbreviato per il patteggiamento della pena, davanti al gup Guido Salvini.
Secondo le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco e dal pm Stefano Civardi, infatti, l’intera operazione immobiliare del valore di 800 mila euro sarebbe stata il pretesto per distrarre fondi pubblici destinati, in realtà, ad arricchire i protagonisti della vicenda.
Dai verbali dell’inchiesta, infatti, alcuni membri della stessa Lombardia Film, partecipata tra gli altri da Comune e Regione, avevano espresso non poche perplessità sul capannone in questione ritenendolo inadeguato per l’uso previsto – la produzione cinematografica – e troppo lontano da Milano.
Le successive indagini della Guardia di Finanza avevano quindi rintracciato due ville di lusso acquistate dai revisori nei dintorni del lago di Garda, poi prontamente sequestrate, oltre a movimenti di denaro sospetti versati a Baracchetti a fronte di lavori di ristrutturazione mai eseguiti.
Dall’inchiesta sul capannone di Cormano era poi partito un filone di indagine sui presunti fondi alla Lega Nord, compresi i famosi 49 milioni di rimborsi elettorali incassati illecitamente di cui si trovano tracce nelle intercettazioni, messe a verbale, intercorse tra i protagonisti della vicenda.
Degli altri protagonisti coinvolti, il commercialista Michele Scillieri e suo cognato Fabio Barbarossa non hanno mai collaborato con i magistrati e hanno chiesto il patteggiamento; il presunto prestanome della trattativa sul capannone, Luca Sostegni, l’unico a scontare la detenzione, ha ottenuto il patteggiamento proprio in virtù della sua collaborazione.