La città di Lecco ha organizzato una cerimonia pubblica per ringraziare Pietro Nava e il suo atto di coraggio che permise l’arresto dei sicari del giudice Rosario Livatino.
Il 21 settembre 1990, il giudice Livatino, che stava indagando su una tangentopoli siciliana ante litteram, stava viaggiando a bordo della sua auto sulla superstrada Canicattì – Agrigento.
Un’altra auto con a bordo quattro sicari della Stidda, l’antagonista di Cosa nostra, lo raggiunse e lo speronò. Livatino riuscì a fermare l’auto per tentare una fuga a piedi ma fu raggiunto da una raffica di colpi di pistola.
A tutta la scena aveva assistito proprio Pietro Nava, di professione agente di commercio, in trasferta in Sicilia. Fu lui a chiamare il 112 e a descrivere i killer nei dettagli diventando così il primo testimone di un omicidio di mafia in un processo permettendo quindi la condanna dei responsabili.
Da allora, però la sua vita è cambiata. È stato costretto a lasciare Lecco insieme alla famiglia e ai figli tanto che ancora oggi vive in una località segreta sotto falso nome.
In occasione della cerimonia, Nava è potuto intervenire via telefono anche per ritirare, idealmente, l’onorificenza San Nicolò conferitagli sempre dal Comune nel 1998 e mai ritirata.
Alla cerimonia erano presenti il sindaco di Lecco Virginio Brivio, l’ex presidente della commissione anti-mafia Rosy Bindi, l’ex ministro Roberto Castelli e tre giornalisti lecchesi Lorenzo Bonini, Stefano Scaccabarozzi e Paolo Valsecchi che hanno raccolto la testimonianza di Nava in un libro dal titolo “Io non sono nessuno”.
Un sacrificio enorme quello di Piero Nava “che ha rinunciato anche alla cosa più intima della persona, il proprio nome, per una testimonianza decisiva nella lotta alla mafia – ha sottolineato il sindaco Virginio Brivio – il Comune nel 2008 ha insignito Piero Nava come benemerito della città. Importante è anche i lavoro di chi ha voluto dare nuova attenzione alla sua storia”.
A proposito del suo gesto Nava, nel corso della serata, ha commentato: “Se non avessi detto nulla avrei perso la mia dignità”.