Il gip di Milano Guido Salvini ha disposto una condanna a 3 anni e 6 mesi con l’accusa di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose nei riguardi di Domenico Bosa, ultrà della curva interista noto con il soprannome di Mimmo Hammer. La condanna è arrivata al termine di un procedimento con rito abbreviato.
Nel corso dello stesso procedimento, sono seguite altre condanne comprese tra due e quattro anni anche per altri tre imputati: Davide Marzulli, Giovanni Garoscio e Salvatore Bonaffini.
Altri tre imputati hanno invece patteggiato pene dai 3 anni ai 3 anni e 8 mesi.
Bosa, in particolare, era finito in carcere a gennaio del 2020 nell’ambito di un’inchiesta condotta dai pm Sara Ombra e Gianluca Prisco, su una presunta maxi frode fiscale da 160 milioni di euro nel settore delle telecomunicazioni.
Le accuse ruotavano attorno al reato di associazione per delinquere, finalizzata anche a reati di usura e coinvolgevano Alessandro Magnozzi, legato al clan della ‘ndrangheta calabrese dei Bruzzaniti radicati a Milano. L’inchiesta aveva quindi accertato anche la vicinanza di Bosa alla famiglia Pompeo di Bruzzano.
L’estorsione aveva coinvolto un imprenditore che collaborava già con Magnozzi e al quale erano stati chiesti circa 80 mila euro che, nelle intenzioni dei malviventi, dovevano ripagare quest’ultimo per le perdite finanziarie di un affare finito male.
Le minacce via via più cruente erano perpetrate da Bosa che oltre alla minaccia di violenza fisica non aveva escluso soluzioni più estreme come l’eliminazione fisica.